Sentenza del Tar Lazio del 04 Febbraio 2010 n. 1524
N. 01524/2010 REG.SEN.
N. 06274/2008 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 6274 del 2008, proposto
da: Cellini Adriano, rappresentato e difeso dagli Avv. ti
Giuseppe Lavitola e Fabrizio Zerboni, con domicilio eletto
presso lo studio degli stessi in Roma, via Costabella, 23,
contro
- Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dall'Avv. Luigi D'Ottavi,
domiciliato in Roma, via Tempio di Giove, 21; - Regione Lazio,
in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non
costituitasi in giudizio; - Provincia di Roma, in persona del
Presidente della Giunta Provinciale p.t., non costituitasi in
giudizio,
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
1) della deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 del
12.2.2008, avente ad oggetto “Ratifica dell’accordo di pianificazione
di cui al comma 6 dell’art. 66 – bis della Legge Regione Lazio n.
38/1999 sottoscritto dal Sindaco del Comune di Roma e dal Presidente
della Regione Lazio in data 6 febbraio 2008. Approvazione del Nuovo
Piano Regolatore Generale del Comune di Roma”;
2) della deliberazione della Giunta Regionale n. 80 dell’8.2.2008,
avente ad oggetto “Ratifica, ai sensi dell’art. 66-bis, comma 6,
della legge regionale n. 38/99 e s.m.i., dell’Accordo di
Pianificazione, sottoscritto in data 6 febbraio 2008 dal
Presidente della Regione Lazio e dal Sindaco di Roma, inerente
al nuovo piano regolatore generale del Comune di Roma
adottato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 19-
20 marzo 2003”;
3) dell’accordo di pianificazione di cui all’art. 66-bis, comma 6
L.R. Lazio n. 38/1999, sottoscritto dal Sindaco del Comune di
Roma e dal Presidente della Regione Lazio, sentito il Presidente
della Provincia, in data 6.2.2008;
4) della deliberazione del Consiglio Comunale n. 64 del
21/22.3.2006, con cui sono state formulate le controdeduzioni
alle osservazioni presentate avverso il Nuovo Piano Regolatore
Generale;
5) della deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 19-
20.3.2003, con cui è stato adottato il Nuovo Piano Regolatore
Generale;
6) di tutti i relativi elaborati, comprensivi delle N.T.A., allegati,
quale parte integrante, alla delibera consiliare di cui al punto 1),
atti tutti depositati dal 31 marzo 2008 presso il Dipartimento IX
- Sala Visure - Viale della Civiltà del Lavoro n. 10,
nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e
consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2009 il
dott. Francesco Arzillo e uditi, per le parti, i difensori del
ricorrente, Avv.ti G. Lavitola e F. Zerboni, e del Comune di
Roma, Avv.ti N. Sabato, A. Magnanelli, A. Raimondo e L.
D’Ottavi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
A. Il signor Adriano Cellini espone:
a) di essere proprietario di un’area di superficie complessiva pari
a 5.500 mq., sita nel Comune di Roma e distinta in catasto con
le particelle 1693 e 1717 del foglio 111;
b) di aver realizzato su parte di detta area alcuni manufatti per
complessivi mq. 249 a uso residenziale, per complessivi mq.201
a uso non residenziale, e per complessivi mq. 240 a uso attivitÃ
industriali: manufatti i quali hanno tutti formato oggetto di
sanatoria edilizia mediante il rilascio di appositi provvedimenti
in data 7.6.2002;
c) che nel precedente P.R.G. di Roma tale lotto di terreno era
destinato a Zona H, Sottozona H1 “Agro Romano”;
d) che nel Nuovo Piano Regolatore Generale, approvato con gli
atti indicati in epigrafe, detta area è inserita:
- per una superficie pari a circa 3000 mq., in zona destinata a
parco;
- per la restante parte di superficie, pari a circa 2500 mq., nei cd.
“Tessuti prevalentemente residenziali” della cd. “Città da
ristrutturare, Ambito per i Programmi integrati n. 3 del
Municipio XX”, la cui disciplina è dettata anzitutto dagli artt. 51,
52 e 53 delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del
N.P.R.G. di Roma.
Con il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato, il
signor Cellini impugna le prescrizioni del Nuovo Piano
Regolatore Generale alle quali è assoggettata l’area di sua
proprietà , proponendo cinque motivi in diritto così rubricati:
1) illegittimità per eccesso di potere del combinato disposto degli artt. 52,
comma 3, in parte qua, e 53 delle N.T.A. del N.P.R.G. per irrazionalitÃ
e/o illogicità manifesta, per difetto di presupposti e di pubblico interesse, per
disparità di trattamento;
2) ulteriore illegittimità per eccesso di potere del combinato disposto degli
artt. 52, comma 3, in parte qua, e 53 delle N.T.A. del N.P.R.G. per
irrazionalità e/o illogicità manifesta, per difetto di presupposti e di
pubblico interesse;
3) in via subordinata, illegittimità , in parte qua, dell’art. 52, comma 3,
delle N.T.A. del N.P.R.G., in combinato disposto con l’art. 53 delle
N.T.A. del N.P.R.G., nonché degli artt. 14 e 13 delle N.T.A. del
N.P.R.G. per: A) violazione dell’art. 52 del L.gs. n. 112/1998 e degli
artt. 117 e 118 Cost.; B) violazione del principio di legalità e del principio
di nominatività e tipicità dei provvedimenti amministrativi; violazione
dell’art. 44 della L.R. Lazio n. 38/99, dell’art. 16 della L. n.
179/1992 e della L.R. Lazio n. 22/1997, e in via generale della
normativa in materia di strumenti urbanistici attuativi; C) violazione degli
artt. 27 e ss.. L. n. 457/1978; eccesso di potere per errore e falsità dei
presupposti; illogicità e contraddittorietà manifeste;
4) in via ulteriormente subordinata e gradata, illegittimità degli artt. 17,
18 e 53 delle N.T.A. del N.P.R.G. per violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 7 della L. n. 1150/1942 e s.m.i. e dei principi generali in
materia urbanistica in relazione all’art. 42 Cost.;
5) illegittimità del combinato disposto degli artt. 53, comma 11, e 20, delle
N.T.A. del N.P.R.G. per violazione e falsa applicazione rispettivamente
degli artt. 3, 5 e 6 della L. n. 10/77 (ora art. 16 del T.U. dell’Edilizia
approvato con D.P.R. n. 380/2001), nonché della L.R. n. 35/77 e delle
relative tabelle.
B. Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, resistendo al
ricorso e formulando eccezioni in rito nonché articolate
deduzioni difensive di merito.
C. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza
pubblica del 22 ottobre 2009, e quindi trattenuto in decisione.
D. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di tardività del
ricorso, formulata dalla difesa comunale con riferimento al fatto
che lo stesso è stato notificato in data 30 maggio 2008, e quindi
oltre il termine dei sessanta giorni decorrente dalla
pubblicazione sul B.U.R.L., in data 14 marzo 2008, della
Deliberazione della Giunta Regionale n. 80 del giorno 8
febbraio 2008 e dell’avviso concernente la Deliberazione del
Consiglio Comunale n. 18 del 12 febbraio 2008.
L’eccezione è infondata.
E’ noto che - secondo la giurisprudenza - la presunzione legale
di conoscenza non ha luogo, ai fini del decorso del termine per
la proposizione dell’impugnazione, sino a che l’intera fase della
pubblicità legale non si sia perfezionata (Consiglio di Stato, sez.
IV, 19 gennaio 1988, n. 3): il che ordinariamente avviene con
riferimento alla scadenza del termine di pubblicazione
dell'avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali
(Consiglio di Stato, sez. IV, 12 novembre 2002, n. 6278; T.A.R.
Lombardia - Brescia, 1 dicembre 2004, n. 1743).
E’ vero che nella specie la procedura seguita, ossia la procedura
cd. di “copianificazione” disciplinata dall’art. 66 – bis della L.R.
n. 38/1999 ha carattere di specialità ; e che il comma 9 del
medesimo articolo sancisce che “l'efficacia del piano regolatore
generale è subordinata alla pubblicazione nel BURL dell'avviso
della avvenuta approvazione”. Ma questa disposizione attiene
all’efficacia del piano e non incide direttamente sul distinto
profilo della piena conoscibilità legale: profilo in ordine al quale,
per evidenti ragioni garantistiche attinenti all’effettività della
tutela giurisdizionale, occorre attenersi al menzionato criterio
generale. Del resto, anche in giurisprudenza si sono rilevate
significative ipotesi, pure in relazione alle diverse previsioni della
legislazione regionale, nelle quali si è ritenuto di dover
distinguere tra la data in cui il piano regolatore generale ha
efficacia, e la data di perfezionamento degli adempimenti
pubblicitari, che invece rileva ai fini della presunzione di
conoscenza per la decorrenza del termine di impugnazione (cfr.
Cassazione civile, sez. II, 4 marzo 2008, n. 5892; Consiglio
Stato, sez. IV, 11 dicembre 1998, n. 1782; Consiglio di Stato, sez.
IV, 15 luglio 1983, n. 538).
Con riferimento al caso in esame, quindi, è sufficiente osservare
che il deposito degli atti impugnati è avvenuto a partire dal 31
marzo 2008 presso il Dipartimento IX – Sala Visure – Viale
della Civiltà del Lavoro n. 10, come risulta dall’avviso pubblicato
in pari data sul quotidiano “Il Messaggero”.
Il ricorso risulta quindi proposto nel termine di sessanta giorni
previsto dalla legge.
E. Le prime quattro censure, proposte dal ricorrente in via
successivamente subordinata, sono tutte dirette a contestare -
sotto diversi profili sia particolari che generali - la
configurazione dell’istituto del Programma Integrato di
Intervento (PRINT) nel contesto del Nuovo Piano Regolatore.
La disciplina fondamentale di questo istituto si ritrova nell’art.
14 delle N.T.A.:
“Art.14. Programma integrato.
1. Il Programma integrato ha la finalità di sollecitare, coordinare e
integrare soggetti, finanziamenti, interventi pubblici e privati, diretti e
indiretti. Il Programma integrato prevede, di norma, incentivi di tipo
urbanistico, finanziario e fiscale, volti a favorire l’integrazione degli
interventi, la qualità urbana e ambientale, e il finanziamento privato di
opere pubbliche.
2. Il Programma integrato è di iniziativa pubblica, fatto salvo l’intervento
sostitutivo dei proprietari, ai sensi dell’art. 13, comma 6.
3. Il Programma integrato si applica:
a) all’intero Sistema insediativo, e con le modalità di cui all’art. 13, comma
3, al fine di programmare e promuovere l’applicazione degli istituti di
perequazione di cui all’art. 17, comma 2;
b) nella Città storica, al fine di coordinare, anche mediante incentivi, gli
interventi diretti privati e la loro integrazione con interventi sugli spazi
pubblici, con particolare riguardo alle zone più degradate;
c) negli Ambiti di valorizzazione della Città storica, in alternativa al
Piano di recupero e al Progetto urbano, per le finalità indicate dalla
specifica disciplina;
d) nei Tessuti della Città consolidata, al fine di ristrutturare impianti
urbani disomogenei e incompiuti, favorendo, mediante incentivi urbanistici,
il diradamento o trasferimento delle costruzioni e il reperimento di aree per
servizi pubblici;
e) nei Tessuti della Città da ristrutturare, al fine di migliorare la qualitÃ
urbana e la dotazione di infrastrutture e servizi pubblici, mediante incentivi
urbanistici e il concorso privato nel finanziamento di opere pubbliche;
f) negli Ambiti di programmazione strategica, in alternativa al Progetto
urbano, al fine di coordinare, in ambiti particolari, le previsioni del
Programma triennale opere pubbliche con interventi privati di recupero e
valorizzazione;
g) nelle Centralità locali, in alternativa al Progetto unitario o al Progetto
urbano, al fine di definire l’assetto urbanistico di tali ambiti;
h) nelle aree a Servizi pubblici, al fine di acquisirne in modo coordinato la
pubblica disponibilità , anche mediante la cessione compensativa di cui
all’art. 22;
i) nell’Agro romano, al fine di promuovere interventi integrati di
riqualificazione ambientale, valorizzazione dei beni culturali, promozione
di turismo rurale;
j) nelle aree della Rete ecologica, al fine di promuovere, coordinare,
indirizzare, anche dal punto di vista progettuale, gli interventi di cui all’art.
10, in ambiti vasti e su più componenti di PRG, tra loro integrate;
k) con la finalità di cui all’art. 12, comma 7, con particolare riguardo a
quei settori urbani in cui siano compresenti diversi Tessuti della Città da
ristrutturare e diversi Nuclei di edilizia ex abusiva, che necessitino di una
organizzazione complessiva, soprattutto in tema di mobilità locale e di
localizzazione di servizi comuni.
4. Il Programma integrato è promosso e definito, di norma, con la seguente
procedura:
a) formazione di un Programma preliminare che definisca: obiettivi,
incentivi, indirizzi per la definizione degli interventi privati, anche sotto
forma di piano preliminare di assetto; interventi pubblici prioritari;
finanziamenti pubblici disponibili o attivabili;
b) pubblicazione del programma preliminare, mediante avviso o bando
pubblico, che definisca i termini e le modalità di presentazione delle proposte
d’intervento o delle istanze di accesso agli incentivi di cui all’art. 17, comma
3;
c) valutazione e ridefinizione, anche mediante procedura negoziale, delle
proposte presentate, sulla base degli obiettivi e dei criteri definiti nel
Programma preliminare;
d) formazione e approvazione del Programma definitivo, anche in più fasi e
stralci, e relativo aggiornamento del Programma preliminare.
5. Il Programma definitivo contiene, quali elaborati essenziali: la
definizione progettuale, anche a livelli differenziati, degli interventi diretti e
indiretti, pubblici e privati; le aree su cui individuare eventuali comparti e
procedere alla costituzione del Consorzio; il Piano finanziario; il
Programma temporale.
6. Per i Programmi integrati nella Città consolidata e nella Città da
ristrutturare sono individuati appositi ambiti d’intervento e la relativa
disciplina, secondo gli articoli 50 e 53.
7. Qualora, ai fini dell’approvazione, del finanziamento e dell’attuazione
del Programma integrato, sia richiesta la partecipazione di altre
amministrazioni, il Comune, al fine di accelerare le relative procedure,
promuove la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della
legge n. 241/1990 e, all’occorrenza, l’accordo di programma di cui all’art.
34 del D.LGT n.267/2000.
8. Se non approvato tramite accordo di programma, il Programma integrato
è soggetto alle procedure di cui all’art. 2 della LR n. 36/1987; se contiene
al suo interno strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica, è
soggetto alle procedure di pubblicazione di cui all’art. 15 della legge n.
1150/1942, nonché alle procedure di approvazione di cui all’art. 1 della
LR n. 36/1987.”.
La disciplina degli ambiti di intervento nella Città da
ristrutturare, alla quale rinvia l’art. 14, comma 6, è dettata
dall’art. 53, il quale così dispone:
“Art.53. Ambiti per i Programmi integrati.
1. I Programmi integrati nella Città da ristrutturare sono finalizzati al
miglioramento della qualità urbana dell’insediamento e, in particolare,
all’adeguamento e all’integrazione della viabilità e dei servizi, mediante il
concorso di risorse private.
2. Gli ambiti per Programmi integrati sono individuati, mediante
perimetro, nell’elaborato 3.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:10.000. I perimetri
comprendono Tessuti, Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale,
Servizi pubblici di livello urbano, ferma restando la possibilità di intervento
diretto su tali componenti secondo la rispettiva disciplina del PRG. Le aree
comprese negli ambiti sono “Zone di recupero del patrimonio edilizio
esistente, ai sensi dell’art. 27, legge n. 457/1978. Sono ammessi interventi
di categoria RE, NC, RU e NIU, come definiti dall’art. 9.
3. Il Programma integrato è promosso e definito secondo le forme, le
procedure e i contenuti di cui all’art. 14, salvo quanto previsto al comma 5,
e si applica ad ogni singolo ambito o a più ambiti contigui o prossimi.
4. I Programmi integrati sono di competenza dei Municipi, secondo quanto
previsto dall’art. 13, comma 8. Ai sensi dell’art. 13, comma 3, il
Consiglio comunale o la Giunta comunale, sulla base delle rispettive
competenze, possono emanare un atto di indirizzo e programmazione che
definisca priorità , termini e modalità di formazione dei Programmi
integrati, nonché la eventuale disponibilità di risorse finanziarie, anche
ripartite per Ambiti. In caso di inerzia dei Municipi rispetto ai termini
stabiliti dall’atto di indirizzo, o su richiesta degli stessi, alla promozione dei
Programmi integrati provvede direttamente il Comune, con i propri Organi
e Uffici centrali.
5. Salvo diversa indicazione contenuta nell’atto di indirizzo e
programmazione di cui al comma 4, ove emanato, e comunque previa
autorizzazione dei Municipi, i Programmi integrati possono essere promossi
dai soggetti privati, che rappresentino, in termini di valore catastale o di
estensione superficiaria, la maggioranza delle aree riferite all’intero ambito,
o ai soli tessuti, o alle sole aree non edificate dei tessuti: tali soggetti
presentano ai Municipi una proposta di Programma preliminare estesa
all’intero ambito, corredata dalle proposte d’intervento sulle aree di loro
proprietà o nella loro disponibilità . Il Municipio, valutata favorevolmente la
proposta di Programma preliminare, la pubblica e procede secondo quanto
previsto dai commi 7, 8 e 9; se ritenute di notevole interesse pubblico e di
autonomia e rilevanza urbanistica, le proposte d’intervento dei soggetti
promotori possono essere approvate indipendentemente dal decorso delle
procedure di formazione del Programma integrato.
6. Il Programma preliminare definisce, anche per stralci e fasi di
attuazione: gli obiettivi da conseguire in termini urbanistici e finanziari, gli
interventi pubblici da realizzare e le relative priorità , gli indirizzi per la
progettazione degli interventi privati; definisce altresì, a specificazione o in
assenza di un atto d’indirizzo del Consiglio comunale, le eventuali risorse
pubbliche necessarie e disponibili, nonché i criteri di valutazione, i tempi e le
modalità di presentazione, anche con periodicità annuale, delle proposte
d’intervento di cui al comma 7.
7. Dopo la pubblicazione del Programma preliminare, i soggetti privati
aventi la disponibilità delle aree e i soggetti pubblici competenti presentano
proposte di intervento coerenti con il Programma preliminare;
contestualmente, i Municipi assumono iniziative di informazione e
consultazione della cittadinanza e della comunità locale, in modo che, oltre
alle proposte d’intervento, possano essere presentate osservazioni e contributi
partecipativi in ordine ai contenuti del Programma preliminare.
8. Il Municipio, o il Comune in caso di intervento sostitutivo, procede alla
formazione del Programma integrato sulla base delle proposte pervenute,
eventualmente modificate e integrate anche mediante procedimento negoziale,
nonché delle osservazioni e contributi partecipativi di cui al comma 7, e lo
sottopone all’approvazione del Consiglio comunale. Il Programma integrato
approvato dal Comune, fatta salva la possibilità di successive e periodiche
integrazioni, deve conseguire una parte rilevante degli obiettivi stabiliti dal
Programma preliminare, e comunque consentire la realizzazione di uno
stralcio autonomo della previsione di interventi pubblici.
9. Il Programma integrato approvato dal Comune, contiene: lo schema di
assetto complessivo dell’ambito aggiornato secondo le proposte assentite; i
progetti degli interventi privati; i documenti preliminari degli interventi
pubblici, di cui all’art. 14 del Regolamento dei lavori pubblici; il piano
finanziario; il cronoprogramma degli interventi; lo schema di convenzione o
di atto d’obbligo con i soggetti attuatori e gestori; ulteriori elaborati
eventualmente richiesti da normative statali e regionali o dall’atto di
indirizzo e programmazione di cui al comma 4.
10. Il Programma integrato, tenuto conto dei risultati conseguiti con metodo
consensuale rispetto agli obiettivi preliminarmente definiti, individua altresì
le aree a destinazione pubblica da assoggettare a espropriazione, nonché
eventuali sub-ambiti da assoggettare a comparto edificatorio, ai sensi
dell’art. 23 della legge n. 1150/1942, a Piano di recupero, anche
obbligatorio, ai sensi dell’art. 28, comma 5, della legge n. 457/1978, a
Piano per insediamenti produttivi (nei Tessuti prevalentemente per attività ),
ai sensi dell’art. 27 della legge n. 865/1971, fatto salvo ogni ulteriore
potere conferito, per legge, agli strumenti urbanistici esecutivi.
11. Salvo indicazioni più restrittive del Programma preliminare motivate
da ragioni di sostenibilità urbanistica e ambientale, e in deroga a quanto
previsto dall’art. 52 per gli interventi diretti, le aree comprese nei Tessuti di
cui all’art. 52 esprimono i seguenti indici di edificabilità , articolati in base
alle destinazioni del precedente PRG e tenendo conto degli indici per
intervento diretto di cui all’art. 52:
a) aree già destinate a edificazione privata a media o alta densità (ex zone
E1, E2, F, L, M2): 0,6 mq/mq, di cui 0,3 mq/mq soggetto al
contributo straordinario di cui all’art. 20;
b) aree già destinate a edificazione privata a bassa densità (ex zone G3,
G4) o a servizi pubblici (ex zone M1, M3): 0,3 mq/mq, di cui 0,1
mq/mq a disposizione dei proprietari, 0,1 mq/mq a disposizione dei
proprietari ma soggetto a contributo straordinario, 0,1 mq/mq a
disposizione del Comune ai sensi dell’art. 18;
c) aree già non edificabili (ex zone H, N; viabilità e parcheggi; zone
sprovviste di pianificazione urbanistica, ai sensi dell’art. 9, comma 1,
DPR 380/2001): 0,3 mq/mq, di cui 0,06 mq/mq a disposizione dei
proprietari; 0,06 mq/mq a disposizione dei proprietari ma soggetto a
contributo straordinario; 0,18 mq/mq a disposizione del Comune ai sensi
dell’art. 18.
12. Nel caso le aree predette siano già state interessate da Piani attuativi
approvati, ancorché decaduti per decorso termine di efficacia, in luogo delle
destinazioni di zona del precedente PRG, si applicano le omologhe
destinazioni di Piano attuativo.
13. La SUL a disposizione del Comune, di cui al comma 11, lett. b) e c),
è prioritariamente utilizzata per le finalità di cui al comma 1, secondo le
indicazioni del Programma preliminare. L’utilizzazione di tale SUL per
le compensazioni urbanistiche di cui all’art. 19 può avvenire esclusivamente
con il consenso dei proprietari.
14. Nelle aree di cui al comma 11, lett. b) e c), il Programma preliminare
può prevedere, previa favorevole verifica di sostenibilità urbanistica, un
incremento dell’indice di 0,3 mq/mq, fermo restando l’indice a disposizione
dei proprietari e senza comunque eccedere l’indice di 0,6 mq/mq, valutata
la densità fondiaria dei tessuti circostanti, al fine di una maggiore
omogeneità con il tessuto preesistente e dell’acquisizione di ulteriori risorse
finanziarie private necessarie per la realizzazione del programma di opere
pubbliche.
15. Riguardo alle destinazioni d’uso nei tessuti, in deroga a quanto
previsto dall’art. 52, e fatte salve previsioni più restrittive del Programma
preliminare:
a) nei Tessuti prevalentemente per attività , una quota non superiore al
20% della SUL interessata dal complesso delle proposte di intervento
accolte può essere destinata a funzioni Abitative; una quota non inferiore
al 30% deve essere riservata a funzioni Produttive;
b) nei Tessuti prevalentemente residenziali e nei Tessuti prevalentemente per
attività sono ammesse le funzioni Commerciali, Servizi e Turistico-ricettive,
a CU/m e CU/a;
c) i cambi di destinazione d’uso verso destinazioni consentite solo per
intervento indiretto sono sottoposti al contributo straordinario di cui all’art.
20.
16. Nelle aree destinate a Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale
e a Strade, si applica la cessione compensativa di cui all’art. 22. Se previsto
dal Programma preliminare, nelle aree a Verde pubblico e servizi pubblici
di livello locale, i proprietari dotati di idonei requisiti, unitamente alla
cessione compensativa, possono proporre, in regime di convenzione, la
realizzazione in diritto di superficie e la gestione dei servizi previsti dal
Programma integrato.
17. Fatto salvo quanto previsto all’art. 13, comma 18, il Programma
integrato può apportare le seguenti modifiche alle prescrizioni del PRG,
senza che ne costituisca variante:
a) variazione delle delimitazioni delle componenti di cui al comma 2, a
condizione che non risulti ridotta la dotazione di standard urbanistici e a
parità di previsioni edificatorie a favore della proprietà , che possono essere
trasferite all’interno dello stesso ambito;
b) trasferimento delle previsioni edificatorie generate dall’applicazione degli
indici di cui al comma 11 in Aree di concentrazione edilizia (ACE)
indicate dal Programma preliminare;
c) estensione del Programma integrato ad aree esterne al perimetro di cui al
comma 2, al fine di includere aree e interventi pubblici di completamento
dell’assetto degli ambiti perimetrati o di integrazione con insediamenti
circostanti; per migliorare la dotazione di standard urbanistici, se non
interamente reperibili all’interno, e la qualità ambientale degli insediamenti,
possono essere incluse aree esterne contigue destinate a Verde pubblico e
servizi pubblici di livello locale, nonché, in subordine, aree dell’Agro
romano di cui al Titolo III, Capo 2°; le aree agricole sono inserite nel
Programma integrato in misura non eccedente il 20% dell’estensione
dell’Ambito ed esclusivamente su proposta di cessione compensativa
formulata dai proprietari, ai sensi del comma 7;
d) esclusione della SUL di parcheggi privati non pertinenziali, la cui
gestione sia regolata da apposita convenzione con il Comune, dal computo
dell’edificabilità ammissibile ai sensi del comma 11.
18. Se all’interno del perimetro degli Ambiti per i Programmi integrati
dovessero ricadere componenti diverse da quelle indicate al comma 2, ad esse
si applica la loro rispettiva disciplina, fatti salvi i poteri del Programma
integrato di indirizzo e coordinamento complessivo applicati all’intero
Ambito”.
F. Secondo l’Amministrazione, la valorizzazione del PRINT si
ricollega alle indicazioni ricavabili dalla giurisprudenza
costituzionale quanto all’ambito dei poteri riconosciuti all’ente
locale. Questo strumento sarebbe riconducibile a due previsioni
di legge:
- la previsione dell’art. 16 della L. n. 179/92, secondo cui il
Programma Integrato di Intervento è volto “al fine di
riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale” e
“caratterizzato dalla presenza di pluralità di funzioni, dalla
integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le
opere di urbanizzazione, da una dimensione tale da incidere
sulla riorganizzazione urbana e dal possibile concorso di più
operatori e risorse finanziarie pubblici e privati” (comma 1). Si
tratta di uno strumento avente connotazione di amplissima
discrezionalità , estesa al coordinamento dei diversi ambiti
territoriali, al particolare rilievo della componente ambientale e
al concorso di risorse finanziarie pubbliche e private;
- la previsione della legge regionale n. 22/97 che prevede il
programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e
ambientale.
Detto strumento, sempre secondo l’Amministrazione, riveste un
ruolo centrale nell’attuazione del meccanismo di
perequazione/compensazione su cui si basa il Nuovo Piano
Regolatore.
G. Il Collegio prende preliminarmente atto di questa
impostazione, la quale riflette gli sviluppi della scienza
urbanistica degli ultimi decenni e trova riscontro – sia pure in
maniera differenziata – in diverse leggi regionali e in molteplici
esperienze di pianificazione in Italia (oltre che all’estero).
E’ noto, tuttavia, che gli istituti perequativi e compensativi si
atteggiano – nelle leggi regionali come nella prassi pianificatoria
– secondo modalità assai diversificate e difficilmente
riconducibili ad unità , nonostante gli sforzi della dottrina in tale
direzione. E questo a maggior ragione in un contesto
ordinamentale caratterizzato, purtroppo, dalla prolungata inerzia
del legislatore statale nell’affrontare in maniera sistematica i nodi
di fondo della materia.
Per quello che interessa in questa sede, occorre precisare che
non è compito di questo giudice entrare nel merito delle scelte
politiche e delle connesse visioni di cultura, di scienza e di
tecnica urbanistica, delle quali il Nuovo Piano Regolatore di
Roma rappresenta una significativa espressione.
Più semplicemente, questo Tribunale, pur avendo presente
l’esigenza di tenere conto della visione complessiva che sorregge
l’impianto del piano e di evitare una considerazione atomistica
delle relative previsioni, non può esimersi da una considerazione
ragionevolmente distinta delle varie disposizioni funzionalmente
dirette all’attuazione del disegno complessivo, anche se –
ovviamente – nei limiti segnati dai motivi di ricorso.
Ciò sul presupposto che l’attività amministrativa, anche quando
comporta - segnatamente nella fase di pianificazione e
programmazione - un consistente margine di autonomia nella
specificazione dei fini e nella prefigurazione degli strumenti,
rimane pur sempre soggetta in primo luogo alla legge, nonché
agli altri parametri indicati dall’art. 1 della l. 241/1990 e - più a
monte - dalle previsioni costituzionali: parametri che riflettono,
d’altra parte, esigenze di giustizia coessenziali alla funzione
amministrativa.
Ne consegue, con particolare riferimento al principio di legalitÃ
e alle sue implicazioni, che l’Amministrazione opera
nell’esercizio di poteri previsti dalla legge e con strumenti
parimenti dotati di copertura legislativa: non è sufficiente che il
fine perseguito sia legittimo, perché è necessario che lo siano
anche gli strumenti impiegati.
H. Fatte queste doverose premesse, occorre passare all’esame,
da effettuarsi congiuntamente, del primo e del secondo mezzo
di impugnazione, con i quali il ricorrente censura il combinato
disposto degli artt. 52, comma 3, e 53 delle N.T.A. del Nuovo
Piano Regolatore.
H.1 La comprensione delle censure presuppone un sintetico
richiamo alla classificazione della tipologia degli interventi
risultante all’art. 9 della N.T.A.:
a) Manutenzione ordinaria (MO),
b) Manutenzione straordinaria (MS),
c) Restauro e risanamento conservativo (RC),
d) Ristrutturazione edilizia (RE), divisa in tre sotto-categorie:
- RE1 Ristrutturazione edilizia senza aumento della SUL, del
Volume costruito (Vc) e delle unità immobiliari, senza
modificazioni della sagoma e senza alterazione dell’aspetto
esteriore degli edifici;
- RE2 Ristrutturazione edilizia diversa dalle sotto-categorie RE1
e RE3;
- RE3 Demolizione e ricostruzione di un fabbricato, senza
variazione di volumetria (Vc) e sagoma, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa
antisismica, e con la possibilità di modifiche non sostanziali
dell’area di sedime, come definite dalla legislazione regionale,
volte ad un maggiore allineamento con gli edifici adiacenti o
all’adeguamento a prescrizioni di strumenti urbanistici esecutivi;
e) - Nuova costruzione (NC): tipologia che ricomprende le seguenti
principali categorie di intervento edilizio:
- DR Demolizione e ricostruzione di edifici non rientrante nella
categoria RE3;
- AMP Ampliamenti di edifici all’esterno della sagoma esistente,
connessi o non a interventi di ristrutturazione edilizia o
demolizione e ricostruzione della parte preesistente, come
stabilito nelle specifiche norme di tessuto; rientrano in tale
sotto-categoria gli interventi pertinenziali, intesi quali interventi
su spazi accessori alle unità edilizie e immobiliari, legati a queste
da vincolo di pertinenza, che eccedano il 15% del Volume
costruito (Vc), ovvero che siano realizzati, con qualsiasi
dimensione, nella Città storica o su immobili individuati nella
Carta per la qualità di cui all’art. 16;
- NE Nuova edificazione di fabbricati su aree libere, comunque
non rientrante nelle precedenti Categorie;
f) Ristrutturazione urbanistica (RU);
g) Nuovo impianto urbanistico (NIU).
H.2 In particolare, la prima censura prende le mosse dall’art. 52,
comma 3, il quale così dispone:
“Nei Tessuti della Città da ristrutturare sono ammessi, con intervento
diretto, gli interventi di categoria MO, MS, RC, RE, DR, AMP, NE,
come definiti dall’art. 9. Nelle aree destinate dal precedente PRG, o sue
varianti anche solo adottate, a zona agricola o a verde pubblico e servizi
pubblici, è prescritto il ricorso al Programma integrato, di cui all’art. 53;
per intervento diretto sono consentiti esclusivamente gli interventi di
categoria MO, MS, RC, RE”.
Ne consegue che nelle aree precedentemente destinate a Zona
Agricola - come quella di cui è proprietario l’odierno ricorrente
- è obbligatorio il ricorso allo strumento del “Programma
integrato” per gli interventi rientranti nelle categorie DR
(demolizione e ricostruzione), AMP (Ampliamento) e NE
(Nuova edificazione).
Il ricorrente censura proprio l’impossibilità di procedere in via
diretta alla realizzazione di questa categoria di interventi.
In sintesi, secondo il ricorrente, il fatto che l’area di sua
proprietà fosse destinata nel vecchio P.R.G. a zona agricola non
rappresenta un elemento che possa da solo giustificare la
limitazione del ricorso al Programma integrato per
l’effettuazione degli interventi DR, AMP e NE, rispetto alla
generale facoltà di intervento diretto prevista per le aree
comprese nei “Tessuti della Città da ristrutturare” (ad eccezione,
peraltro, di quelle precedentemente destinate a verde pubblico e
servizi pubblici).
Conseguentemente, il ricorrente sostiene che all’area di sua
proprietà non solo debba essere riconosciuto il più largo ricorso
al regime dell’intervento diretto, ma che alla stessa competa lo
stesso indice di edificabilità fondiaria pari a 0,3 mq/mq.
La censura si basa essenzialmente sulla considerazione che la
valutazione del territorio andrebbe essere effettuata, in sede di
pianificazione, sulla base della sola considerazione della
situazione attuale; mentre dovrebbe restare irrilevante la
provenienza dell’area, ossia la situazione della stessa alla stregua
della pianificazione anteriore.
H.3 Con il secondo motivo di ricorso, poi, il ricorrente
evidenzia un ulteriore connesso profilo di illogicità e
irrazionalità , derivante dal fatto che circa 3000 mq dell’area di
sua proprietà sono già vincolati a parco pubblico, il che
consentirebbe il conseguimento dell’integrazione degli spazi
pubblici e dei servizi, che rappresenta una delle finalità della cd.
Città da ristrutturare (art. 51 N.T.A.) e del Programma Integrato
(art. 53, comma 1, N.T.A.). Quindi, anche per questo motivo
sarebbe agevolmente assentibile l’intervento diretto sulla
restante parte di proprietà del ricorrente, della quale si
controverte in questa sede.
H.4 Le censure sono infondate.
La previsione impugnata esclude l’intervento diretto con
riferimento alle tipologie maggiormente incisive sull’assetto del
territorio, riconducibili non alla preservazione strutturale
dell’esistente, bensì alla nuova edificazione in aree che avevano
destinazione non edificatoria (e quindi non solo agricola, ma
anche a servizi pubblici o a verde pubblico).
Va quindi considerata legittima l’esigenza di inserire la nuova
edificazione in un contesto compositivo che postula - secondo
un’impostazione conforme ai principi generali del diritto
urbanistico - il ricorso allo strumento attuativo: e ciò a
prescindere dall’ulteriore questione, oggetto delle successive
censure, della legittimità del tipo di strumento (il PRINT)
disegnato allo scopo.
Il fatto, poi, che nel caso della ricorrente si tratterebbe di un
terreno sul quale esiste già un’edificazione abusiva poi
condonata, non appare idoneo a mutare la natura dell’esigenza
in questione: essa sussiste, analogamente e ragionevolmente,
non solo per la nuova edificazione strettamente intesa, ma anche
con riferimento agli interventi di demolizione e non fedele
ricostruzione e di ampliamento, che hanno comunque un
impatto urbanistico innovativo e significativamente
apprezzabile.
Per quanto attiene poi, in particolare, al secondo profilo di
censura, dalle successive precisazioni fornite sia dal ricorrente
sia dall’Amministrazione si ricava che la parte del lotto di
proprietà del primo è inserita in realtà del perimetro del Parco di
Vejo (parco di livello regionale).
Nella specie, occorre prescindere dalle prospettazioni del
ricorrente circa la verosimile futura destinazione dell’area, in
sede di redazione del Piano di Assetto, a verde pubblico o a
verde ambientale privato, e circa la concreta situazione di fatto
delle aree circostanti. Il Collegio ritiene infatti che la censura
attenga in realtà non tanto alla classificazione dell’area, quanto
alla validità di una previsione a carattere normativo, applicabile
come tale a una pluralità di situazioni: come tale le circostanze
fattuali evidenziate non infirmano la evidenziata generale
ragionevolezza, rilevabile anzitutto “ex ante”, della
pianificazione attuativa sulle zone appartenenti ai cd. “Tessuti
prevalentemente residenziali”; e quindi anche sulla parte del
lotto del ricorrente classificata come tale.
I. Una volta disattese le prime due censure, occorre passare
all’esame del terzo subordinato motivo di impugnazione, con il
quale il ricorrente contesta in radice la legittimitÃ
dell’introduzione dello strumento urbanistico esecutivo
costituito dal cd. Programma integrato, sotto i seguenti
concorrenti profili:
a) l’individuazione tipologica di nuovi strumenti urbanistici e dei
relativi lineamenti essenziali è riservata alla legislazione statale,
mentre alle Regioni spetta la disciplina degli effetti sostanziali e
dei procedimenti di formazione dei medesimi (art. 52, comma 1,
del D. Lgs. n. 112/1998; Corte costituzionale, sent. 7-19 ottobre
1992, n. 393);
b) l’Amministrazione comunale deve pianificare il territorio
utilizzando solamente gli strumenti urbanistici previsti
dall’ordinamento vigente, in ossequio al principio di legalità e ai
connessi principi di nominatività e tipicità degli atti
amministrativi. Nella specie, detti principi sarebbero violati in
quanto:
c) le finalità e i contenuti del Programma integrato, così come
configurati dall’art. 14, commi 1 e 3, delle N.T.A. del Nuovo
PRG, non corrispondono alle previsioni di cui all’art. 16,
comma 1, della L. n. 179/1992 e all’art. 2, comma 1, della L.R.
n. 22/1997;
d) l’art. 14, comma 2, delle medesime N.T.A. affida il
Programma integrato all’iniziativa pubblica, fatto salvo
l’intervento sostitutivo dei proprietari solo in caso di inerzia del
Comune, in contrasto con le previsioni dell’art. 16, comma 2
della L. n. 179/1992 e dell’art.2, comma 3, della L.R. Lazio n.
22/1997, che consentono la presentazione del programma
integrato alternativamente a iniziativa del Comune o
direttamente dei privati;
e) l’art. 14, comma 4, delle N.T.A. prevede la necessaria
formazione di uno strumento intermedio (il “Programma
preliminare”) in contrasto con l’art. 4 della L.R. Lazio n.
22/1997;
f) l’art. 13, comma 9, delle N.T.A. del N.P.R.G. prevede che tutti
gli interventi indiretti siano “sottoposti, dalla loro fase
preliminare fino alla definizione, ad una procedura
d’informazione e consultazione della cittadinanza, disciplinata
con Regolamento comunale”: procedura la cui introduzione
postulerebbe un’apposita previsione di legge statale o regionale,
la quale derogasse al principio di non applicabilità degli istituti
partecipativi ai procedimenti di pianificazione urbanistica (art.
13 della L. n. 241/1990), ferma restando ovviamente la
presentazione delle osservazioni successivamente all’adozione
del piano, alla stregua dell’ordinamento vigente;
g) lo stesso art. 53, comma 2, delle N.T.A. del Nuovo P.R.G.
afferma che le aree ricomprese negli ambiti per Programmi
integrati sono “Zone di recupero del patrimonio edilizio
esistente, ai sensi dell’art. 27, legge n. 457/1978”: il che
confermerebbe che l’introduzione nel Nuovo P.R.G. del
Programma integrato non è giustificata, data la presenza,
nell’ordinamento, dello strumento del Piano di recupero di cui
alla richiamata Legge n. 457/1978.
I.1 La difesa dell’Amministrazione fa presente in replica:
a) lo strumento del Programma integrato è stato istituito
dall’art. 16 della L. n. 179/1992 e specificato dalla L.R. Lazio n.
22/1997; il ricorso a questo strumento, da parte dei privati, ha
comunque carattere facoltativo ed è incentivato da benefici
altrimenti non conseguibili;
b) le previsioni e la disciplina del P.R.G. sono conformi alla
richiamata disciplina nazionale e regionale, secondo la quale i
Programmi integrati:
- si applicano ad ambiti vasti prevalentemente edificati,
comprendenti tessuti esistenti, di “dimensioni tali da incidere
sulla riorganizzazione del tessuto urbano” (art. 2, comma 1, L.R.
n. 22/1997; art. 1, comma 1, L. n. 179/1992);
- sono finalizzati alla “riqualificazione urbanistica, edilizia e
ambientale” e “ad una più razionale utilizzazione e
riorganizzazione del territorio” (art. 1, comma 1, L.R. n.
22/1997; art. 16, comma 1, L. n. 179/1992);
- si basano su proposte di intervento presentate dal soggetti
pubblici e privati (art. 3, comma 1, L.R. 22/1997; art. 16,
comma 2, L. 179/1992) ovvero sono promossi direttamente dai
Comuni (art.3, comma 1, L.R. 22/1997);
- si realizzano con il concorso di risorse finanziarie pubbliche e
private (art. 16, comma 1, L. n. 179/1992; art. 2, comma 2, L.R.
22/1997);
c) la procedura approvativa del PRINT è disciplinata (art. 14,
commi 7 e 8 delle N.T.A.) con un espresso riferimento a norme
statali (art. 34 del D. Lgs. 267/2000; art. 15 della L. n.
1150/1942) o regionali (LR 36/1987, artt. 1 e 2);
d) il cd. “Programma preliminare” ha natura di mera fase
endoprocedimentale diretta a pre-determinare e a rendere
pubblici obiettivi, incentivi, criteri di valutazione delle proposte
di intervento (art. 12 della L. n. 241/1990);
e) infatti il PRINT è attivato dal Comune che ne definisce gli
obiettivi e i criteri, ma viene poi definito sulla base delle
proposte presentate da soggetti pubblici e privati; e questo in
sostanziale consonanza con l’art. 16, commi 1 e 2 della L. n.
179/1992 e con le norme della L. n. 241/1990 (artt. 7, 11, 12),
oltre che con l’analoga procedura prevista per i cd. Programmi
di recupero urbano dal D.M. LL. PP. del 1 dicembre 2004;
f) la redazione diretta del PRINT da parte del Comune del
progetto preliminare e del Programma definitivo è compatibile
con la L.R. n. 22/1997;
g) in questo contesto la partecipazione dei privati è pienamente
ammissibile e si può spingere fino all’assunzione del ruolo di
promotori (art. 53, comma 5, delle N.T.A.); il coinvolgimento
partecipativo degli interessati e dei potenziali investitori
risponde a una logica diversa dalle osservazioni di PRG;
h) il richiamo della classificazione quale “Zona di recupero”
deriva dal fatto che l’art. 53, comma 10, delle N.T.A. prevede
che il Programma integrato possa individuare al suo interno aree
da sottoporre a Piano di Recupero, anche obbligatorio.
I.2 L’esame del complesso motivo di impugnazione deve
prendere le mosse dalla constatazione che il principio di legalitÃ
dell’azione amministrativa, con i connessi profili della tipicità e
della nominatività , riveste un ruolo essenziale nella materia in
questione.
In linea di principio, infatti, non può non ribadirsi la validitÃ
dell’autorevole insegnamento giurisprudenziale secondo il quale
"esiste, nell'ordinamento urbanistico non meno che in tutto il
diritto pubblico, in applicazione del più generale principio di
legalità (che vuole che in uno Stato di diritto non possa una
Pubblica amministrazione avvalersi di poteri che la legge non le
ha previamente conferito), un inderogabile principio di
nominatività e tipicità degli strumenti urbanistici: esso è tale per
cui una Pubblica Amministrazione non può adottare, od
approvare, una figura di piano di organizzazione del territorio
che non corrisponda (per presupposti, competenze, oggetto,
funzione ed effetti) ad uno schema già predeterminato, in via
generale ed astratta, da una norma primaria dell'ordinamento. La
gestione dell'assetto del territorio è infatti una funzione che si
estrinseca in una molteplice tipologia di manifestazioni di
potestà pubbliche, in cui ciascuna deve essere caratterizzata per
legge (a garanzia dei destinatari) da una propria causa, da propri
effetti, e da una corrispondente competenza: per modo che non
può essere ravvisato sussistere, nell'attuale ordinamento, in capo
ad alcun centro amministrativo, un generale ed indifferenziato
potere di pianificazione del territorio, libero quanto a mezzi e a
forme, capace di incidere sui diritti dei consociati. Gli strumenti
urbanistici legittimamente applicabili sono pertanto soltanto
quelli previsti - per nome, causa e contenuto - dalla legge; e
dunque, al di fuori di un tale numero chiuso, non può
legittimamente una Amministrazione procedere ad introdurre
nella realtà giuridica qualsivoglia, indicativa o coercitiva che sia,
nuova categoria di strumento di pianificazione dell'assetto del
territorio" (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 novembre 2001, n.
5721; cfr. altresì sez. II, 26 ottobre 1994, n. 883; sez. IV, 28
luglio 1982, n. 525; sez. V, 12 dicembre 2003, n. 8198; T.A.R.
Abruzzo - L'Aquila, 31 gennaio 2005, n. 44).
In particolare, poi, non può ricavarsi una deroga al principio del
“numerus clausus” degli strumenti di pianificazione urbanistica
previsti dalla legge dal principio dell'autonomia degli Enti locali
in quanto gli atti normativi di rango secondario o ulteriormente
subordinato posti in essere dai suddetti Enti debbono
comunque rispettare le fonti primarie (T.A.R. Lombardia -
Milano, sez. II, 5 luglio 2006, n. 1719).
Nella specie, occorre quindi chiedersi:
1) se il PRINT, così come configurato nel Nuovo Piano
Regolatore Generale del Comune di Roma, assuma le
caratteristiche di uno strumento atipico, o se - al contrario - esso
corrisponda al Programma Integrato di Intervento quale
configurato dalla normativa urbanistica nazionale e regionale;
2) se, anche qualora si ritenga che i lineamenti essenziali del
PRINT siano riconducibili al tipo normativo, non sussistano
comunque dei profili specifici di illegittimità della relativa
disciplina, che siano tali da rendere sostanzialmente
incompatibile l’impostazione del Nuovo PRG sul punto con le
previsioni normative di rango superiore.
I.3 E’ nota l’evoluzione della concezione della pianificazione
attuativa - fin dagli anni Novanta dello scorso secolo - verso il
modello “polifunzionale”, rivolto a perseguire con un notevole
grado di flessibilità operativa esigenze non solo di recupero, ma
anche di trasformazione e di sviluppo di ampie aree territoriali.
In questo contesto si colloca la figura del Programma Integrato
di Intervento. Esso è disciplinato in primo luogo dalla legge
statale, ossia dall’art. 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, i
cui primi due commi così dispongono:
“1. Al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale, i
comuni promuovono la formazione di programmi integrati. Il programma
integrato è caratterizzato dalla presenza di pluralità di funzioni, dalla
integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le opere di
urbanizzazione, da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione
urbana e dal possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubblici
e privati.
2. Soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati
fra di loro, possono presentare al comune programmi integrati relativi a
zone in tutto o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione
al fine della loro riqualificazione urbana ed ambientale”.
La rimanente disciplina specifica dell’istituto, dettata nei
successivi commi da 3 a 7, è stata dichiarata incostituzionale
dalla sentenza 19 ottobre 1992, n. 393 della Corte costituzionale,
perché considerata lesiva delle competenze regionali.
Nel Lazio l’istituto è stato ulteriormente disciplinato dalla L.R.
26 giugno 1997, n. 22, il cui art. 1, comma 1 così dispone:
“1. La presente legge disciplina, nel rispetto dei principi stabiliti
dall'articolo 16, commi 1 e 2, della legge 17 febbraio 1992, n. 179, la
formazione e la realizzazione di programmi integrati di riqualificazione
urbanistica, edilizia ed ambientale finalizzati ad una più razionale
utilizzazione e riorganizzazione del territorio della Regione, ed in
particolare del patrimonio edilizio e delle infrastrutture in esso presenti”.
I caratteri dello strumento sono così delineati dal successivo
articolo 2:
“1. Il programma integrato consiste in un progetto operativo complesso, di
interesse pubblico, con rilevante valenza urbanistica ed edilizia, ed é
caratterizzato dalla presenza di pluralità di funzioni, dall'integrazione di
diverse tipologie, ivi comprese le opere di urbanizzazione e le infrastrutture
necessarie per assicurare la completezza e la piena funzionalitÃ
dell'intervento stesso, e da dimensioni tali da incidere sulla riorganizzazione
del tessuto urbano.
2. Il programma integrato può essere localizzato soltanto sul territorio di
Comuni provvisti di strumento urbanistico generale approvato e può
interessare immobili pubblici e-o privati. La sua realizzazione può
avvenire anche attraverso la compartecipazione di soggetti pubblici e-o
privati, con rispettivi apporti di risorse finanziarie.
3. Fermo restando quanto indicato al comma 1, il programma integrato
riguarda essenzialmente:
a) aree interne e contigue ai perimetri urbani come definiti dagli strumenti
urbanistici al cui interno siano presenti aree degradate in tutto o in parte
edificate e si riscontrino carenze di strutture e di servizi;
b) centri minori oggetto di sensibili sviluppi insediativi con servizi
inadeguati;
c) nuclei di urbanizzazione rada e diffusa, privi di servizi ed elementi
infrastrutturali, nonché di una specifica identità urbanistica;
d) parti di centri urbani con forti fenomeni di congestionamento;
e) aree con destinazioni produttive o terziarie dismesse, parzialmente
utilizzate o degradate, ma con forte capacità di polarizzazione urbana.
4. Il programma integrato può comprendere anche zone agricole contigue ai
perimetri urbani come definiti dagli strumenti urbanistici, escluse quelle di
pregio ambientale. Tali zone hanno destinazione per opere di
urbanizzazione, e recupero degli standards urbanistici se non disponibili
all'interno dell'ambito.
5. In tali zone possono altresì essere realizzati quegli interventi di edilizia
residenziale per fabbisogni abitativi conseguenti a ristrutturazione e-o
demolizione di edifici esistenti nell'ambito territoriale del programma
integrato che non possano trovare localizzazione nell'ambito medesimo.
6. Nei confronti dei programmi integrati sono applicabili le disposizioni
relative ai comparti edificatori di cui all'articolo 23 della legge 17 agosto
1942, n. 1150, con la disciplina prevista agli articoli 22 e 23 della legge
regionale 28 luglio 1978, n. 35”.
Ora, circa la finalità e il contenuto essenziale del PRINT, va
osservato che il Piano dispone (art. 14, comma 1) che esso “ha
la finalità di sollecitare, coordinare e integrare soggetti,
finanziamenti, interventi pubblici e privati, diretti e indiretti. Il
Programma integrato prevede, di norma, incentivi di tipo
urbanistico, finanziario e fiscale, volti a favorire l’integrazione
degli interventi, la qualità urbana e ambientale, e il
finanziamento privato di opere pubbliche”. Questa previsione -
nonostante alcune variazioni terminologiche - si armonizza
bene, ad avviso del collegio, sia con la richiamata disposizione
della legge statale, la quale stabilisce (all’art. 16, comma 1, L.
179/92), che questo strumento “è caratterizzato dalla presenza
di pluralità di funzioni, dalla integrazione di diverse tipologie di
intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, da una
dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana e dal
possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubblici
e privati”; sia con quella della L.R. 22/97, che parla di “una più
razionale utilizzazione e riorganizzazione del territorio della
Regione, ed in particolare del patrimonio edilizio e delle
infrastrutture in esso presenti” (art. 1, comma 1) e configura un
“progetto operativo complesso, di interesse pubblico, con
rilevante valenza urbanistica ed edilizia [...] caratterizzato dalla
presenza di pluralità di funzioni, dall'integrazione di diverse
tipologie, ivi comprese le opere di urbanizzazione e le
infrastrutture necessarie per assicurare la completezza e la piena
funzionalità dell'intervento stesso, e da dimensioni tali da
incidere sulla riorganizzazione del tessuto urbano” (art. 2,
comma 1).
In altri termini, la polifunzionalità dello strumento, la pluralità di
interventi pubblici e privati che esso consente di coordinare sia
sotto il profilo urbanistico sia sotto quello finanziario, la
dimensione degli interventi stessi, mirati ad una sostanziale
incidenza sulla riorganizzazione del territorio, sono dati non
contraddetti dalla previsione del primo comma dell’art. 14 delle
N.T.A., e che trovano riscontro nella disciplina risultante dalle
altre norme che toccano l’istituto, tra cui le specifiche norme
dell’art. 50 - che in questa sede non viene direttamente in rilievo
- e dell’art. 53.
Questo dato fondamentale già consente di escludere che il
PRINT previsto dal piano sia qualcosa di eterogeneo rispetto
all’istituto disciplinato dalla legislazione statale e regionale.
Le finalità e la portata contenutistica del PRINT sono poi
ulteriormente specificate dall’art. 14, comma 3 delle N.T.A.,
secondo il quale esso si applica:
“a) all’intero Sistema insediativo, e con le modalità di cui all’art. 13,
comma 3, al fine di programmare e promuovere l’applicazione degli istituti
di perequazione di cui all’art. 17, comma 2;
b) nella Città storica, al fine di coordinare, anche mediante incentivi, gli
interventi diretti privati e la loro integrazione con interventi sugli spazi
pubblici, con particolare riguardo alle zone più degradate;
c) negli Ambiti di valorizzazione della Città storica, in alternativa al
Piano di recupero e al Progetto urbano, per le finalità indicate dalla
specifica disciplina;
d) nei Tessuti della Città consolidata, al fine di ristrutturare impianti
urbani disomogenei e incompiuti, favorendo, mediante incentivi urbanistici,
il diradamento o trasferimento delle costruzioni e il reperimento di aree per
servizi pubblici;
e) nei Tessuti della Città da ristrutturare, al fine di migliorare la qualitÃ
urbana e la dotazione di infrastrutture e servizi pubblici, mediante incentivi
urbanistici e il concorso privato nel finanziamento di opere pubbliche;
f) negli Ambiti di programmazione strategica, in alternativa al Progetto
urbano, al fine di coordinare, in ambiti particolari, le previsioni del
Programma triennale opere pubbliche con interventi privati di recupero e
valorizzazione;
g) nelle Centralità locali, in alternativa al Progetto unitario o al Progetto
urbano, al fine di definire l’assetto urbanistico di tali ambiti;
h) nelle aree a Servizi pubblici, al fine di acquisirne in modo coordinato la
pubblica disponibilità , anche mediante la cessione compensativa di cui
all’art. 22;
i) nell’Agro romano, al fine di promuovere interventi integrati di
riqualificazione ambientale, valorizzazione dei beni culturali, promozione
di turismo rurale;
j) nelle aree della Rete ecologica, al fine di promuovere, coordinare,
indirizzare, anche dal punto di vista progettuale, gli interventi di cui all’art.
10, in ambiti vasti e su più componenti di PRG, tra loro integrate;
k) con la finalità di cui all’art. 12, comma 7, con particolare riguardo a
quei settori urbani in cui siano compresenti diversi Tessuti della Città da
ristrutturare e diversi Nuclei di edilizia ex abusiva, che necessitino di una
organizzazione complessiva, soprattutto in tema di mobilità locale e di
localizzazione di servizi comuni.”
Ora, l’art. 2, commi 3, 4 e 5 della L. R. n. 22/97 così disciplina il
contenuto dei Programmi in questione:
“3. Fermo restando quanto indicato al comma 1, il programma integrato
riguarda essenzialmente:
a) aree interne e contigue ai perimetri urbani come definiti dagli strumenti
urbanistici al cui interno siano presenti aree degradate in tutto o in parte
edificate e si riscontrino carenze di strutture e di servizi;
b) centri minori oggetto di sensibili sviluppi insediativi con servizi
inadeguati;
c) nuclei di urbanizzazione rada e diffusa, privi di servizi ed elementi
infrastrutturali, nonché di una specifica identità urbanistica;
d) parti di centri urbani con forti fenomeni di congestionamento;
e) aree con destinazioni produttive o terziarie dismesse, parzialmente
utilizzate o degradate, ma con forte capacità di polarizzazione urbana.
4. Il programma integrato può comprendere anche zone agricole contigue ai
perimetri urbani come definiti dagli strumenti urbanistici, escluse quelle di
pregio ambientale. Tali zone hanno destinazione per opere di
urbanizzazione, e recupero degli standards urbanistici se non disponibili
all'interno dell'ambito.
5. In tali zone possono altresì essere realizzati quegli interventi di edilizia
residenziale per fabbisogni abitativi conseguenti a ristrutturazione e-o
demolizione di edifici esistenti nell'ambito territoriale del programma
integrato che non possano trovare localizzazione nell'ambito medesimo”.
In buona sostanza, l’elencazione contenuta nel piano regolatore
può essere interpretata, in via generale, in maniera del tutto
compatibile con quella della fonte regionale, avuto riguardo:
- alla definizione fondamentale dell’istituto;
- alla natura degli elementi della elencazione “essenziale”
contenuta nella fonte regionale;
- al fatto che quest’ultima non esclude la compresenza di altri
elementi, come ad esempio la finalità perequativa, tollerabile
sotto questo profilo perché non snatura ed anzi valorizza
l’essenza e le finalità dell’istituto (l’art. 2, comma 3, della L.R. n.
22/1997 dispone infatti: “Fermo restando quanto indicato al
comma 1, il programma integrato riguarda essenzialmente...”).
Per quanto attiene poi, specificamente, alla situazione
prospettata dal ricorrente, che attiene alla “Città da
ristrutturare”, l’art. 14, comma 3, delle N.T.A. fa riferimento allo
scopo “di migliorare la qualità urbana e la dotazione di
infrastrutture e servizi pubblici, mediante incentivi urbanistici e
il concorso privato nel finanziamento di opere pubbliche”; e il
successivo art. 53, comma 1, parimenti dispone che i PRINT
“sono finalizzati al miglioramento della qualità urbana
dell’insediamento e, in particolare, all’adeguamento e
all’integrazione della viabilità e dei servizi, mediante il concorso
di risorse private”. Ne emerge ancora più chiaramente la
compatibilità del PRINT con le summenzionate previsioni
statali e regionali.
Quindi, per concludere sul punto, il Collegio ritiene infondate le
censure della ricorrente attinenti alla violazione dei principi di
legalità e tipicità : non si tratta di un potere implicito, atipico o
innominato, bensì dell’articolazione, a livello dell’autonomia
normativa spettante all’ente locale, di uno strumento giÃ
previsto dall’ordinamento.
I.4. Una volta acclarata la fondamentale riconducibilità del
PRINT al tipo normativo, occorre esaminare gli specifici profili
di illegittimità prospettati da parte ricorrente.
I.4.1 Il primo di essi attiene al fatto che l’art. 14, comma 2, delle
N.T.A. affida il Programma Integrato all’iniziativa pubblica,
fatto salvo l’intervento sostitutivo dei proprietari solo in caso di
inerzia del Comune, il che - secondo il ricorrente -
contrasterebbe con le previsioni dell’art. 16, comma 2 della L. n.
179/1992 e dell’art.2, comma 3, della L.R. Lazio n. 22/1997,
che consentono la presentazione del programma
alternativamente a iniziativa del Comune o direttamente dai
privati.
La censura è infondata.
L’art. 16, comma 2, della L. n. 179/1992 consente ai “soggetti
pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati fra di
loro” di “presentare al comune programmi integrati relativi a zone in tutto
o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione al fine della
loro riqualificazione urbana ed ambientale”; mentre l’art. 2, comma 3,
della L.R. 26 giugno 1997, n. 22, stabilisce che la “realizzazione”
del programma “può avvenire anche attraverso la compartecipazione di
soggetti pubblici e-o privati, con rispettivi apporti di risorse finanziarie”, e
il successivo articolo 3, comma 1, dispone che “i programmi
integrati possono essere redatti direttamente dal Comune, ovvero presentati
presso il Comune competente da soggetti pubblici e-o privati, singolarmente
ovvero consorziati od associati tra di loro”.
Ora, la disciplina comunale è del tutto compatibile con queste
disposizioni. Infatti, il Piano riserva al Comune la decisione di
attivare lo strumento, in conformità con l’art. 16 della L. n.
179/1992, secondo la quale “i Comuni promuovono la formazione di
Programmi integrati”. In questo senso l’art. 14, comma 2 delle
N.T.A. prevede che “il Programma integrato è di iniziativa pubblica”,
facendo comunque salvo - e questo dato è importante -
l’intervento sostitutivo dei proprietari ai sensi del precedente art.
13, comma 6. Questa iniziativa rappresenta solo l’avvio del
procedimento, che ai sensi dell’art. 14, comma 4, si esplica “di
norma” con una procedura che muove dalla formazione “di un
Programma preliminare che definisca: obiettivi, incentivi,
indirizzi per la definizione degli interventi privati, anche sotto
forma di piano preliminare di assetto; interventi pubblici
prioritari; finanziamenti pubblici disponibili o attivabili”, con la
pubblicazione dello stesso “mediante avviso o bando pubblico,
che definisca i termini e le modalità di presentazione delle
proposte d’intervento”.
Questa procedimentalizzazione è conforme alle previsioni
suindicate e ai principi generali dell’azione amministrativa. Essa
consente infatti:
- di mantenere in capo all’Amministrazione la responsabilitÃ
programmatoria globale nel contesto di una visione sistemica e
complessiva delle esigenze del territorio;
- di lasciare in capo ai privati il momento della presentazione
delle vere e proprie proposte di intervento, le quali vengono poi
valutate anche in un contesto negoziale, tenendo presente anche
il criterio dell’evidenza pubblica.
Inoltre essa fa doverosamente salva l’aspettativa dei privati non
solo prevedendo (art. 13, comma 6) l’intervento sostitutivo dei
proprietari che rappresentino la maggioranza assoluta del valore
catastale degli immobili interessati in caso di inerzia del Comune
rispetto ai termini stabiliti nell’atto di programmazione iniziale,
ma si riferisce anche – con l’impiego del “di norma” nel
contesto del comma 4 dell’articolo 14 – alla possibile esistenza
di situazioni in cui il potere di attivazione della procedura venga
sollecitato dai privati in forme non preventivabili “a priori”, e
tuttavia suscettibili di essere prese in considerazione, e di far
sorgere un ragionevole affidamento del privato, quantomeno in
ordine a una presa di posizione dell’Amministrazione, la quale
non potrebbe certo nascondersi dietro un atteggiamento di
mera immotivata inerzia (del resto, una diversa e ancora più
articolata scansione procedimentale, che dà ancora più spazio al
ruolo dei privati, è disegnata dall’art. 53, comma 5, per i PRINT
nella “Città da ristrutturare”, che consente ai privati di
presentare - a certe condizioni e previa autorizzazione dei
Municipi - la stessa proposta di Programma preliminare, e
comunque proposte di intervento che in certi casi possono, se
ritenute di notevole interesse pubblico e di rilevanza urbanistica,
essere approvate indipendentemente dal decorso della
procedura di formazione del PRINT).
Dette considerazioni consentono di superare anche la censura
relativa alla previsione del programma preliminare, il quale in
questo contesto - con ogni evidenza - non ha valore di
autonomo atto e rappresenta solamente un momento della fase
di iniziativa – promozione del PRINT, la quale sfocia nel
relativo bando.
Analoga infondatezza, alla luce dell’esigenza di articolare un
procedimento che tenga conto di tutti gli interessi, anche di
carattere collettivo, che vengono in evidenza nella specie, riveste
la censura relativa all’art. 13, comma 9, delle N.T.A. del
N.P.R.G., che prevede che tutti gli interventi indiretti siano
“sottoposti, dalla loro fase preliminare fino alla definizione, ad una
procedura d’informazione e consultazione della cittadinanza, disciplinata
con Regolamento comunale”; ciò anche in quanto l’ente locale,
nell’ambito della propria autonomia, è libero di introdurre
istituti partecipativi che vadano anche al di là delle previsioni
minime della L. n. 241/90 (vedi l’art. 8 del D.L. n. 267/2000 e,
da ultimo, esplicitamente, l’art. 29, comma 2-quater, della L. n.
241/1990: “Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti
amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori
a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali
delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli
ulteriori di tutela”).
I.4.2. Da ultimo, il Collegio ritiene infondata anche la censura
che considera sufficiente allo scopo la presenza,
nell’ordinamento, dello strumento del Piano di recupero di cui
alla richiamata Legge n. 457/1978, attesa anche la classificazione
delle aree comprese negli ambiti per Programmi Integrati nella
Città da ristrutturare quali “Zone di recupero del patrimonio
edilizio esistente” ai sensi dell’art. 53, comma 2, delle N.T.A. del
Nuovo P.R.G..
Infatti, da un lato è noto che il PRINT rientra tra gli strumenti
urbanistici diretti a scopi che, occorre ribadirlo, vanno assai oltre
la semplice esigenza del recupero (Consiglio di Stato, sez. IV, 22
giugno 2006, n. 3889; TAR Lazio, sez. I, 11 marzo 1998, n.
1000; TAR Lazio, sez. II – bis, 24 luglio 2003, n. 6630);
dall’altro, va precisato che la classificazione cui fa riferimento
l’art. 53, comma 2 delle N.T.A. deve ragionevolmente essere
intesa restrittivamente, ossia come riferita al solo caso in cui il
programma integrato individui al suo interno eventuali sub-
ambiti da sottoporre al Piano di recupero (art. 53, comma 10).
I.4.3 Non può, infine, essere presa in considerazione, in quanto
prospettata in forma estremamente stringata in una semplice
nota di udienza, l’eccezione di illegittimità costituzionale
formulata dal ricorrente in ordine all’art. 16, commi 1 e 2 della
L. n. 179/1992 e agli artt. 1,2 e 4 dellaL.R. n. 22/1997 per
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. (ragionevolezza della legge,
buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa) e con
gli artt. 41 Cost. (libertà di iniziativa economica privata) e 42,
comma 2, Cost. (proprietà ).
L. Il quarto motivo di ricorso è volto a contestare il modo con
cui il PRG, in generale, e poi anche con specifico riferimento
alle aree nelle quali si fa ricorso allo strumento del Programma
integrato di intervento, provvede all’attuazione del criterio della
perequazione urbanistica.
La censura muove dalla considerazione dell’art 17 della N.T.A.,
il quale così dispone:
“Art.17. Criteri di perequazione
1. Il PRG introduce, quale disciplina di principio, la necessità di ripartire
le previsioni edificatorie, tra aree e tra soggetti, secondo principi di equità e
di uniformità , tenendo conto: della disciplina urbanistica pre-vigente;
dell’edificazione esistente legittima; del perseguimento di obiettivi di interesse
pubblico o generale.
2. Sulla base dei fattori suddetti, il PRG individua le seguenti fattispecie di
perequazione urbanistica e finanziaria:
a) Ambiti di compensazione, di cui all’art. 18: nel Sistema
insediativo di nuovo impianto, la quota maggioritaria della SUL
aggiuntiva è messa a disposizione del Comune, che la utilizza per finalitÃ
di interesse pubblico (riqualificazione urbana, tutela ambientale, edilizia
con finalità sociali, servizi di livello urbano);
b) Contributo straordinario, di cui all’art. 20: nel Sistema insediativo
esistente, la quota maggioritaria delle principali valorizzazioni immobiliari
generate dalle nuove previsioni urbanistiche è soggetta alla corresponsione di
un contributo finanziario straordinario, che il Comune utilizza
per il finanziamento di opere e servizi pubblici in ambiti urbani degradati,
con finalità di riqualificazione urbana;
c) Compensazioni urbanistiche, di cui all’art. 19: la capacità edificatoria
dei comprensori urbanistici soppressi dal “Piano delle certezze”, se
contrastanti con esigenze di tutela ambientale non già imposte da vincoli
sovraordinati, è trasferita negli Ambiti di compensazione di cui alla lett. a);
d) Incentivi per il rinnovo edilizio, di cui all’art. 21: gli interventi di
rinnovo del patrimonio edilizio degradato possono beneficiare di incentivi
urbanistici, trasferibili negli Ambiti di compensazione di cui alla lett. a);
e) Cessione compensativa, di cui all’art. 22: le aree a
destinazione pubblica, in specifici ambiti e per finalità di
riqualificazione urbana, possono essere acquisite tramite
la concessione ai proprietari di previsioni edificatorie da
localizzare in situ o trasferibili negli Ambiti di
compensazione di cui alla lett. a).
3. L’edificabilità aggiuntiva acquisibile dai proprietari con le modalità di
cui al comma 2, lett. a), b), d), e), costituisce incentivo urbanistico definito
in ragione e misura del conseguimento degli obiettivi urbanistici ivi indicati.
4. L’applicazione, anche combinata, delle modalità di perequazione di cui
al comma 2 e l’accesso agli incentivi o compensazioni ivi previsti, avviene
mediante procedimento consensuale di evidenza pubblica,
a carattere concorsuale, nelle forme del Programma integrato, di cui
all’art.14, e in coerenza con le norme statali in materia di partecipazione
al procedimento amministrativo; esperito con esito negativo o insufficiente
tale procedimento, il Comune ha facoltà di conseguire i medesimi obiettivi,
secondo priorità , con il ricorso a procedimenti e istituti autoritativi previsti
dall’Ordinamento statale o regionale.
5. Ai fini dell’applicazione dei criteri di cui al comma 1 e degli istituti di
cui al comma 2, il PRG distingue tra previsioni edificatorie esercitabili in
situ e quelle da trasferire in altre aree, nonché, sulla stessa area, tra
previsioni edificatorie attribuite ai proprietari o riservate al Comune ovvero
tra previsioni edificatorie attuabili per intervento diretto o indiretto.
6. Fatti salvi i criteri di attribuzione differenziata delle previsioni
edificatorie, derivanti dai principi di cui al comma 1, il PRG garantisce ai
proprietari interessati dagli strumenti urbanistici esecutivi l’equa
ripartizione delle previsioni edificatorie, indipendentemente dalle specifiche
destinazioni assegnate alle singole aree e proporzionalmente alla quota di
superficie in proprietà . Indipendentemente dai criteri e modalità di
attribuzione delle previsioni edificatorie, il PRG garantisce la ripartizione
degli oneri da assumere nei confronti dell’Amministrazione in proporzione
alle stesse previsioni edificatorie assegnate, distinguendo tra previsioni
edificatorie ordinarie, cui corrispondono oneri ordinari, e previsioni
edificatorie aggiuntive cui corrispondono oneri
straordinari.
7. I criteri, le modalità e le procedure di perequazione in precedenza
indicate si attuano nei limiti e secondo le disposizioni particolareggiate
dettate negli articoli seguenti”.
In particolare, tra gli ambiti di compensazione di cui all’art. 18
(cui fa riferimento il summenzionato art. 17, comma 2, lettera
a), sono ricompresi gli “Ambiti per i programmi integrati nella
Città da ristrutturare”, di cui all’art. 53, dei quali si controverte
nel presente giudizio.
In generale, in detti ambiti il PRG “distingue tra previsioni
edificatorie attribuite ai proprietari, quantificate sulla base della
disciplina urbanistica pre-vigente, e quelle riservate al
Comune...” (art. 18, comma 2).
Mentre l’art. 53, comma 11, delle N.T.A. dispone così:
“11. Salvo indicazioni più restrittive del Programma preliminare motivate
da ragioni di sostenibilità urbanistica e ambientale, e in deroga a quanto
previsto dall’art. 52 per gli interventi diretti, le aree comprese nei Tessuti di
cui all’art. 52 esprimono i seguenti indici di edificabilità , articolati in base
alle destinazioni del precedente PRG e tenendo conto degli indici per
intervento diretto di cui all’art. 52:
a) aree già destinate a edificazione privata a media o alta densità (ex zone
E1, E2, F, L, M2): 0,6 mq/mq, di cui 0,3 mq/mq soggetto al
contributo straordinario di cui all’art. 20;
b) aree già destinate a edificazione privata a bassa densità (ex zone G3,
G4) o a servizi pubblici (ex zone M1, M3): 0,3 mq/mq, di cui 0,1
mq/mq a disposizione dei proprietari, 0,1 mq/mq a disposizione dei
proprietari ma soggetto a contributo straordinario, 0,1 mq/mq a
disposizione del Comune ai sensi dell’art. 18;
c) aree già non edificabili (ex zone H, N; viabilità e parcheggi; zone
sprovviste di pianificazione urbanistica, ai sensi dell’art. 9, comma 1,
DPR 380/2001): 0,3 mq/mq, di cui 0,06 mq/mq a disposizione dei
proprietari; 0,06 mq/mq a disposizione dei proprietari ma soggetto a
contributo straordinario; 0,18 mq/mq a disposizione del Comune ai sensi
dell’art. 18”.
L’area della ricorrente, in quanto ex Zona H, rientra proprio
nella fattispecie di cui alla lettera c): vi si esprime un indice di 0,3
mq/mq, di cui:
- 0,18 mq/mq sono soggetti a cessione gratuita al Comune;
- 0, 06 mq/mq resta a disposizione dei proprietari ma è soggetto
a contributo straordinario;
- i rimanenti 0,06 mq/mq sono in piena disponibilità dei
proprietari.
Secondo la ricorrente, la riserva a titolo gratuito di una
consistente quota parte dell’edificabilità di un’area privata a
favore del Comune sarebbe palesemente illegittima per
violazione dell’art. 7 della L. n. 1150/1942 e dei principi generali
in materia urbanistica in relazione all’art. 42 della Costituzione.
Ciò in quanto:
a) il diritto a edificare continua a inerire alla proprietà ; pertanto
non è sufficiente far salva la misura dell’edificabilità storica, data
per acquisita, e considerare invece come parzialmente acquisibile
dal Comune la quota di edificabilità attribuita con il nuovo
piano: se una determinata area esprime una certa edificabilità in
base allo strumento urbanistico attualmente vigente, essa spetta
tutta al privato secondo la legge e la Costituzione;
b) il meccanismo adottato dal Comune è privo di copertura
legislativa nazionale di carattere generale;
c) le previsioni di cui all’art. 1, commi 258 e 259, della legge n.
244/2007, che introducono un meccanismo simile, non sono
comunque applicabili, soprattutto per ragioni sostanziali di
contenuto e di ambito applicativo; e ove lo fossero, andrebbero
comunque considerate incostituzionali.
L.1 La difesa del Comune richiama il fondamentale ruolo degli
ambiti di compensazione nel contesto delle strategie perequative
cui il piano è ispirato.
L.1.1 In primo luogo essa eccepisce la carenza di interesse della
ricorrente, perché si tratta di una situazione nella quale il
proprietario ha l’alternativa fra accogliere la sollecitazione alla
cessione gratuita di aree in cambio di edificabilità , ovvero
attendere che l’amministrazione proceda in via autoritativa
(espropriazione), secondo le priorità degli obiettivi pubblici da
realizzare.
L’eccezione è infondata.
In questa sede viene infatti in rilievo quantomeno un interesse
strumentale, che è radicato nella contraddizione tra il
riconoscimento di una certa quota di edificabilità di principio
(con un certo affidamento in capo al privato in ordine alla
praticabilità di tale quota nell’attuale momento, oltre la quota
storicamente riconosciuta), e la contestuale parziale avocazione
della stessa alla mano pubblica: interesse strumentale che si
esplica nella pretesa a una riconsiderazione della situazione
urbanistica dell’area, che potrebbe - in ipotesi - condurre a un
assetto anche più vantaggioso per l’interessato.
L.2. Nel merito, la difesa dell’Amministrazione si fonda (in
sintesi) sui seguenti argomenti:
a) negli ambiti di compensazione, a fronte di incentivi attribuiti
ai proprietari, che si concretano in ulteriore capacità edificatoria,
si genera una quota di edificabilità a disposizione del Comune,
che la utilizza per finalità di interesse pubblico, ossia nel
raggiungimento degli obiettivi di riqualificazione urbana,
manovra ambientale, riorganizzazione urbana; infatti la capacitÃ
edificatoria restituita al Comune negli ambiti in questione serve
ad attivare gli altri istituti perequativi previsti dal PRG e viene
utilizzata per la realizzazione di servizi e attrezzature di interesse
pubblico, per interventi di ERP, ma anche per allocare gli
incentivi da attribuire a soggetti terzi per compensazioni
urbanistiche (trasferimento di edificabilità da aree di pregio
ambientale), per acquisire aree da destinare a “verde e servizi
pubblici locali” in aree urbane degradate, per incentivi di
rinnovo edilizio non localizzabili “in situ”;
b) l’accesso all’istituto della cessione compensativa da parte dei
proprietari delle aree è di natura facoltativa e consensuale, e
quindi non vi è alcuna illegittima compressione del diritto di
proprietà , in quanto l’utilizzo dello strumento autoritativo è
residuale e sussidiario, e comunque prevede l’indennizzo;
c) la disciplina non intacca le precedenti previsioni edificatorie;
essa si riferisce – a differenza del caso trattato dal Consiglio di
Stato nella sentenza n. 4833/2006 richiamata dal ricorrente –
non alla quota di edificabilità totale, ma solo alla quota di
edificabilità aggiuntiva riconosciuta dal piano;
d) le previsioni dell’art. 1, commi 258 e 259, della L. n.
244/2007, recepite poi dall’art. 18 della L.R. n. 21/2009, sono
applicabili alla fattispecie;
e) l’istituto si inserisce in un disegno perequativo coerente e
valorizza gli sviluppi recenti nella direzione dei modelli di
urbanistica consensuale;
f) occorre aver riguardo all’accrescimento del ruolo dei Comuni
dopo la riforma del titolo V della Costituzione.
L.3 La questione posta con la censura in esame è assai delicata.
Ricollegandosi a quanto sopra affermato al punto G, il Collegio
non può che prendere atto della centralità della cessione
compensativa nell’architettura del complesso sistema di
perequazione/compensazione posto in essere con il Nuovo
Piano Regolatore.
Neppure si intende entrare, in questa sede, nei complessi
dibattiti che attengono sia alla scienza urbanistica sia all’ambito
delle scelte rientranti nel circuito dell’indirizzo politico-
amministrativo: dibattiti che oscillano tra la presa d’atto di
un’evoluzione inarrestabile verso i modelli di tipo perequativo-
consensuale, unita alla considerazione dei vantaggi che essi
offrono sotto vari profili, da un lato, e i dubbi che possono
riguardare l’efficienza (anche economica) dei meccanismi
applicativi, come pure la stessa praticabilità di una perequazione
effettiva in contesti già urbanizzati, dall’altro.
Sotto il profilo giuridico, va riconosciuto che le tecniche
perequative e compensative, nonché consensuali, hanno giÃ
ricevuto, in generale, significativi avalli giurisprudenziali (cfr. tra
le altre Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2006 n. 2258; TAR
Emilia Romagna Bologna, sez. I, 19 dicembre 2001, n. 1286;
TAR Veneto, sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504).
Non è qui necessario affrontare, allo stato, il complesso e
delicato problema - che pure sussiste - della conformità agli artt.
3, 41 e 42 della Costituzione, nonché al Trattato UE, degli
strumenti perequativi: questi, nella misura in cui non siano
inseriti in una adeguata logica programmatoria e pianificatoria
del territorio, rimanendo estranei alle garanzie legali
previste per i provvedimenti di conformazione dell’attivitÃ
edificatoria privata, potrebbero palesare profili di
problematicità , in relazione a forme di compressione dei
diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica che
non risponderebbero sempre a effettive e proporzionate
ragioni di interesse pubblico (alle quali fa riferimento
anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea).
Per quanto qui interessa, è sufficiente rimanere fermi ai temi
della legalità e dello statuto della proprietà , in relazione allo
specifico meccanismo che è oggetto della censura in esame.
Anche sotto questo profilo, il Collegio non ritiene di dover
accedere a prospettazioni radicali, le quali neghino del tutto
l’influenza dell’evoluzione della prassi nella configurazione degli
istituti attinenti alla proprietà e ai rapporti reali (evoluzione che
per esempio si riscontra con riferimento alla cd. “cessione di
volumetria”).
E’ sufficiente, piuttosto, rilevare che lo strumento adottato dal
Comune di Roma, con riferimento agli ambiti di
compensazione, configura una forma di espressa
sottrazione ai proprietari della parte maggioritaria della
quota di edificabilità aggiuntiva agli stessi riconosciuta. E
questo - si badi bene - non come esito di una
negoziazione: la quota riservata alla mano pubblica è
stabilita “a priori” dal piano, il quale dapprima la
quantifica con precisione, facendo salve le indicazioni del
Programma preliminare solo in senso più restrittivo, e
conseguentemente stabilisce a carico dei proprietari degli
Ambiti di compensazione (art. 18, comma 4 delle N.T.A.)
un puntuale obbligo - una volta approvato lo strumento
urbanistico esecutivo - di cedere al Comune, o a soggetti
terzi dallo stesso individuati, la superficie fondiaria
corrispondente alle previsioni edificatorie riservate al
Comune medesimo.
Ora, è fondamentale osservare al riguardo:
a) che questo meccanismo va ben oltre le classiche forme di
perequazione “di comparto”, già presenti nell’ordinamento, in
quanto esso è strutturato in maniera tale da essere finalizzato a
un’impostazione perequativa cd. “allargata”;
b) che l’obbligo di cessione così introdotto va oltre le classiche
obbligazioni richiamate nell’art. 13, comma 13 delle N.T.A.,
riguardanti la cessione di aree destinate a opere di
urbanizzazione primaria e secondaria e simili;
c) che esso è vincolante, essendo previsto dalle N.T.A., che
hanno valore normativo;
d) infatti, se è vero che si tratta di un meccanismo incentivante
offerto al consenso del privato, che comunque può rifiutare (e in
tal caso resta percorribile per l’Amministrazione la strada del
ricorso ai poteri autoritativi), è pur vero che ciò costituisce in
realtà un ulteriore indice del carattere sostanzialmente non
negoziato dello stesso: infatti il privato, se intende accedere
alla maggiorazione dell’edificabilità riconosciuta dal
piano, non può sottrarsi a questa contestuale ablazione
stabilita con una vera e propria norma vincolante “ex ante”
in via generale; rilievo, questo, che consente al Collegio di
prescindere dalla complessa questione dei limiti entro i
quali la consensualità possa consentire il superamento del
principio di legalità (questione che - nonostante la tesi
favorevole di autorevolissima dottrina - rimane tuttora
controversa, sotto alcuni profili, anche in giurisprudenza: vedi
Cass., sez. un., 24 giugno 1992, n. 7773 e Cass., sez. I, 13 luglio
2001, n. 9524; Consiglio di Stato, sez. V, 29 settembre 1999, n.
1209).
In buona sostanza si ha, in tal modo, l’attribuzione al
proprietario di una nuova quota di edificabilità con una
contestuale - e sostanzialmente unilaterale - sottrazione
parziale della stessa: fenomeno che non è conforme alla
legislazione vigente, letta alla luce dei principi costituzionali in
materia di proprietà e di legalità dell’azione amministrativa.
Nella legislazione nazionale e nella legislazione della Regione
Lazio esistono infatti il potere conformativo e il potere
espropriativo, ma non esiste, in via generale, l’ibrido costituito
dal meccanismo in esame (salva la questione delle normative
speciali recentemente introdotte, delle quali si tratterà più avanti
al punto L.4).
Analogamente il Consiglio di Stato, sia pure con riferimento a
una fattispecie non esattamente coincidente, ha autorevolmente
affermato che non è dato rinvenire alcuna disciplina, di
fonte legislativa, che autorizzi una riserva di proprietÃ
fondiaria alla mano pubblica in assenza di specifica
normativa primaria e al di fuori delle garanzie previste in
proposito dall'art. 42 della Carta costituzionale (sez. IV, 21
agosto 2006, n. 4833).
L.4 Ciò posto, occorre verificare se - in mancanza sia di
un’apposita legge statale sullo statuto della proprietà edilizia sia
di un’organica disciplina regionale generale sulla perequazione -
il ruolo di supporto normativo della previsione di piano
contestata in questa sede possa essere svolto da alcune
specifiche disposizioni di legge recentemente introdotte sia nella
legislazione statale sia in quella regionale.
L.4.1. Vengono anzitutto in rilievo le disposizioni contenute
nell’art. 1, commi 258 e 259 della L. n. 244/2007:
“258. Fino alla definizione della riforma organica del governo del
territorio, in aggiunta alle aree necessarie per le superfici minime di spazi
pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di
cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e
alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti
la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei
proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a
edilizia residenziale sociale, in rapporto al fabbisogno locale e in relazione
all'entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti è possibile
prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato,
concordato e sociale.
259. Ai fini dell'attuazione di interventi finalizzati alla realizzazione di
edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di
riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti, il comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti
urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale nei limiti di
incremento massimi della capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui
al comma 258.”.
La materia è stata ripresa anche dall’art. 18 della Legge regionale
n. 21 del 2009, che sviluppa tali previsioni, così disponendo:
“1. Fatto salvo quanto disciplinato dalle norme di attuazione degli
strumenti urbanistici vigenti, al fine di soddisfare il fabbisogno di alloggi
sociali ed evitarne la concentrazione in circoscritti ambiti urbani, negli
strumenti urbanistici generali di nuova formazione e nei relativi strumenti
attuativi, nonché nelle varianti generali di nuova formazione, alle aree
necessarie per la dotazione degli standard urbanistici di cui al decreto del
Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 sono aggiunte le aree o
immobili per la realizzazione degli interventi di edilizia residenziale
sociale, in applicazione dell' articolo 1, commi 258 e 259, della l.
244/2007 da cedere gratuitamente da parte dei proprietari singoli o in
forma consortile o associata, all'amministrazione comunale.
2. In relazione al tipo di intervento urbanistico, la cessione gratuita di cui
al comma 1 riguarda prevalentemente le zone C del decreto del Ministro per
i lavori pubblici 2 aprile 1968 ricomprese nei piani urbanistici attuativi.
3. Nei casi di cui al comma 1 la cessione delle aree per l'edilizia
residenziale sociale è determinata nella misura minima del 20 per cento
dell'area fondiaria edificabile, fatte salve le cessioni complessive per gli
standard urbanistici. I comuni, al fine di soddisfare il fabbisogno di edilizia
residenziale sociale, possono incrementare tale percentuale.
4. Per la realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo
urbanistico ed edilizio, di miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti, la percentuale di cui al comma 3 è elevata al 50 per cento,
limitatamente alla edificabilità aggiunta generata dallo strumento
urbanistico generale rispetto alle previgenti previsioni. Sono fatte salve le
maggiori percentuali previste dagli strumenti urbanistici generali giÃ
approvati alla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Nell'ambito delle percentuali di area fondiaria edificabile destinate
all'edilizia residenziale sociale indicate nei commi 3 e 4, i comuni riservano
almeno la metà delle stesse alla realizzazione di interventi di edilizia
residenziale sovvenzionata.
6. Nell'ambito degli strumenti urbanistici di cui al comma 1, gli standard
di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 devono
essere dimensionati con riferimento al numero di abitanti previsti, ivi
compresi quelli derivanti dalla quota per l'edilizia residenziale sociale.
7. Fatta salva la cessione gratuita delle aree di cui al presente articolo, ai
fini della realizzazione degli interventi di edilizia residenziale sociale, il
comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici,
consentire un aumento di volumetria premiale pari alla capacità edificatoria
delle aree fondiarie cedute per l'edilizia residenziale sociale e stabilire oneri
straordinari in relazione all'incremento del valore immobiliare. Il comune
può, con procedure ad evidenza pubblica, assegnare quota-parte delle aree
acquisite, destinandole ad edilizia libera residenziale destinata ad affitti a
canone concordato o alle altre forma stabilite dalle vigenti disposizioni in
materia di edilizia residenziale pubblica e sociale”.
Ad avviso del Collegio, va anzitutto evidenziato - a parte ogni
altra possibile considerazione - che:
a) la disposizione di cui al comma 258 riguarda esclusivamente
le esigenze di edilizia residenziale sociale, e quindi non
appare in grado di coprire l’intera gamma delle finalitÃ
pubbliche indicate in maniera indifferenziata nell’art. 18, comma
3, delle N.T.A.;
b) la disposizione di cui al comma 259 attiene alla possibilità di
un aumento di volumetria premiale, e non contiene alcuna
disciplina del fenomeno dell’avocazione al Comune di una quota
della edificabilità riconosciuta ai privati;
c) lo stesso va detto delle previsioni contenute nell’art. 18 della
L.R. n. 21/2009, nella misura in cui esse attengono
all’attuazione della normativa statale.
Per quanto concerne invece, in particolare, il comma 4 del
medesimo articolo 18, è vero che esso dispone che “per la
realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed
edilizio, di miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, la
percentuale di cui al comma 3 è elevata al 50 per cento, limitatamente alla
edificabilità aggiunta generata dallo strumento urbanistico generale rispetto
alle previgenti previsioni. Sono fatte salve le maggiori percentuali previste
dagli strumenti urbanistici generali già approvati alla data di entrata in
vigore della presente legge”.
E tuttavia questa previsione va interpretata nel contesto delle
citate fonti primarie e delle altre disposizioni dello stesso
articolo, finalizzate principalmente ed essenzialmente al campo
dell’edilizia residenziale sociale. In questo contesto, la previsione
consente di modulare la percentuale della edificabilità nel caso
in cui all’esigenza residenziale sociale, che costituisce l’oggetto
principale della normativa in questione, si aggiungano il “rinnovo
urbanistico ed edilizio” e il “miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti”.
E’ agevole rilevare, quindi, che l’impostazione del Nuovo Piano
Regolatore non fa salva questa connessione, e comunque
prevede anche ulteriori finalità distintamente perseguibili (come
la destinazione a compensazioni urbanistiche ex art. 19 N.T.A.,
o a incentivi per la cessione compensativa con riferimento alle
aree destinate a servizi pubblici).
L.4.2 Un’altra disposizione recente si rinviene nel D.L. 25
giugno 2008, n. 112, conv. con modif. dalla L. 6 agosto 2008, n.
133, il quale, nel contesto della previsione di interventi volti a
incrementare l’offerta di abitazioni di edilizia residenziale,
prevede la possibilità del “trasferimento di diritti edificatori in favore
dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo” (art.
11, comma 5, lettera a); nonché della “cessione, in tutto o in parte,
dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unita'
abitative di proprieta' pubblica da destinare alla locazione a canone
agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie
sociali svantaggiate di cui al comma 2 (art. 11, comma 5 lettera c)”.
Al riguardo, è sufficiente osservare:
a) che detti interventi si effettuano tramite accordi di
programma;
b) che la scarna normativa in questione non può costituire la
base idonea per la previsione unilaterale, nello strumento
urbanistico comunale, dell’avocazione parziale di capacitÃ
edificatoria;
c) che comunque anche queste previsioni sono finalizzate
solamente allo sviluppo dell’edilizia residenziale.
L.4.3 Ne risulta complessivamente confermata la non idoneitÃ
delle richiamate norme speciali a fungere da fondamento e
parametro delle previsioni di piano (come attualmente
formulate).
L.5 Dalle suesposte considerazioni discende, in conclusione, la
fondatezza della censura, attesa la rilevata carenza di base
legislativa adeguata delle previsioni delle N.T.A. impugnate. Ciò
consente altresì di prescindere - per difetto di rilevanza - dalle
eccezioni di legittimità costituzionale prospettate dal ricorrente
in via subordinata in ordine alle norme speciali di cui ai punti
precedenti.
M. Il quinto motivo del ricorso è volto a contestare il combinato
disposto dell’art. 53, comma 11 e dell’art. 20 delle N.T.A. per
violazione e falsa applicazione rispettivamente degli artt. 3, 5 e 6
della L. n. 10/77 (ora art. 16 del T.U. dell’Edilizia approvato con
D.P.R. n. 380/2001), nonché della L.R. n. 35/77 e delle relative
tabelle.
In particolare:
- secondo l’art. 53, comma 11, lettera c), l’area del ricorrente, in
quanto ex Zona H, esprime un indice di 0,3 mq/mq, di cui,
mentre 0,18 mq/mq sono soggetti a cessione gratuita al
Comune (esaminata in precedenza), altri 0, 06 mq/mq restano
nella piena disponibilità della medesima, mentre i rimanenti 0,06
mq., pur attribuiti all’interessato, sono soggetti al cd.
“contributo straordinario”;
- l’art. 20 introduce il predetto contributo straordinario di
urbanizzazione, disponendo come segue:
“1. Ai sensi e per le finalità di cui all’art. 17, comma 2, lett. b), le più
rilevanti valorizzazioni immobiliari, generate dalle previsioni del presente
PRG rispetto alla disciplina urbanistica previdente, sono soggette a
contributo straordinario di urbanizzazione, commisurato a tali
valorizzazioni e posto a carico del soggetto attuatore”;
“3. [esso]...è stabilito in misura pari al 66,6% (due terzi) del valore
immobiliare conseguibile per effetto del comma 2. Tale misura può essere
incrementata in sede di definizione degli interventi indiretti, ove previsti, o
ridotta fino ad un minimo del 60%, al fine di incentivare la qualitÃ
progettuale degli interventi”.
Parte ricorrente contesta in radice la legittimità della previsione
del contributo straordinario, richiamando:
a) la giurisprudenza del giudice amministrativo e della
Corte di cassazione, dalla quale si evince che il contributo
per oneri di urbanizzazione, pur non avendo natura
tributaria, costituisce un contributo di diritto pubblico
sottoposto a un principio di rigorosa legalità , e in
particolare alla riserva di legge di cui all’art. 23 della
Costituzione;
b) la natura della disciplina vigente in materia di
contributo di costruzione, da ritenersi normativa statale
“di principio”, come si evince:
- dall’art. 1, comma 7 della L. n. 443/2001, che dispone: “Nulla
è innovato quanto all’obbligo di versare il contributo
commisurato agli oneri di urbanizzazione e al costo di
costruzione”;
- dalla soppressione del comma 12, secondo periodo, della L. n.
443/2001, la quale così disponeva: ”Le regioni a statuto
ordinario, con legge, possono individuare quali degli interventi
indicati al comma 6 sono assoggettati a concessione edilizia o ad
autorizzazione edilizia”;
- dal testo dell’art. 13, comma 8, della L. n. 166/2002, che ha
previsto che le regioni a statuto ordinario “possono ampliare o
ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni di cui al periodo
precedente”, agendo solo sull’ambito di operatività della DIA;
c) la giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’ascrivibilitÃ
dell’edilizia e dell’urbanistica al “governo del territorio”, che
rientra nella potestà concorrente (C. cost. n. 303/2003), nonché
circa il fatto che la disciplina statale in ordine alla sanzione
pecuniaria da ritardato o mancato pagamento del contributo di
costruzione (art. 42 del T.U. n. 380/2001, come modificato
dall’art. 27, comma 17 della L. n. 448/2001) rientra nell’ambito
dei principi fondamentali.
M.1 La difesa dell’Amministrazione si fonda sui seguenti
argomenti:
a) negli ambiti in cui si applica il contributo straordinario, la
quota aggiuntiva di edificabilità (o di più vantaggiose
destinazioni d’uso) che è attivabile tramite la partecipazione al
Programma integrato, ha carattere di incentivo premiale e viene
attribuita a condizione che i proprietari concorrano al
finanziamento delle opere pubbliche (infrastrutturazioni e opere
di urbanizzazione secondaria) indicate nel Programma integrato;
b) il meccanismo si attiva sempre su base volontaria mediante lo
strumento del Programma integrato;
c) in tal modo si crea una correlazione tra incentivi urbanistici e
obiettivi pubblici (art. 17, comma 3, delle N.T.A.), della quale il
contributo straordinario rappresenta il tramite e la misura;
d) coerentemente con questa impostazione, il contributo
straordinario può essere scomputato mediante la realizzazione
diretta di opere e servizi pubblici individuati ai sensi dell’art. 20,
comma 4, delle N.T.A.; e ai sensi del successivo comma 7 la
SUL aggiuntiva può essere utilizzata per il trasferimento di SUL
da altro sito, o destinata alla realizzazione e gestione a cura del
soggetto attuatore, di servizi di uso pubblico o di edilizia
residenziale in locazione a tariffe convenzionate;
e) di conseguenza il contributo è calcolato in proporzione al
valore economico dell’incentivo urbanistico; esso incide sulla
rendita fondiaria e non sul profitto immobiliare;
f) ne consegue che il contributo straordinario non è un
tributo; se - alla stregua della giurisprudenza - gli oneri di
urbanizzazione previsti dal DPR n. 380/2001 hanno natura di
corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del costruttore, o
di prestazione patrimoniale imposta, il contributo in questione
non solo non ha (a maggior ragione) natura tributaria ma, per la
modalità facoltativa e consensuale e non autoritativa con la
quale viene attuato, ha natura di mero corrispettivo di diritto
pubblico a carattere non autoritativo;
g) esso può anche essere considerato una prestazione dovuta al
fine di assicurare lo sviluppo ordinato e razionale del territorio,
secondo le condizioni di sostenibilità urbanistica stabilite dal
PRG;
h) il contributo straordinario trova riscontro:
- nella normativa sui Piani di lottizzazione, secondo cui gli
interventi urbanistici devono assicurare non solo le
urbanizzazioni ad essi relative ma anche concorrere ad allacci e
connessioni esterne secondo l’entità e le caratteristiche degli
insediamenti;
-nelle normative ministeriali o CIPE in materia di programmi
urbani complessi (programmi di recupero urbano, programmi di
riqualificazione urbana, PRUSST, Patti territoriali) nei quali
parimenti i soggetti privati concorrono al finanziamento delle
opere pubbliche in proporzione al valore economico della
variante urbanistica di cui beneficiano, oltre agli ordinari oneri di
urbanizzazione;
i) il contributo straordinario integra il sistema perequativo, che si
regge sulle due gambe - strettamente complementari - della
perequazione urbanistica e della perequazione finanziaria: da
intendersi, quest’ultima, come diretta anch’essa alla finalitÃ
esclusivamente urbanistica, sia perché evita la discriminazione
tra chi beneficia di incentivi urbanistici senza contropartita e chi
deve cedere al Comune una quota di edificabilità , sia perché il
contributo deve essere obbligatoriamente utilizzato (art. 20,
comma 4, delle N.T.A.) per la realizzazione di opere mancanti
nel contesto in cui ricade l’intervento, al fine di assicurarne la
sostenibilità urbanistica.
M.2 Il Collegio riconosce che il contributo in questione -
nonostante le oscillazioni terminologiche delle N.T.A., che
parlano di “contributo straordinario di urbanizzazione” nella
rubrica dell’art. 20 e nel comma 1, di “intervento tributario”
all’art. 20, comma 4, di “contributo finanziario straordinario”
all’art. 17 comma 2 - non ha natura tributaria.
Esso va infatti accostato, per analogia, all’ordinario contributo
per oneri di urbanizzazione, il quale, secondo la giurisprudenza,
costituisce un corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del
costruttore, connesso al rilascio della concessione edilizia, a
titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di
urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la
nuova costruzione ne ritrae; con l’importante corollario che
consiste nell’esigenza di rispettare, nella determinazione dello
stesso, l'art. 23 della Costituzione, secondo il quale nessuna
prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge (Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2006 n. 2258;
Consiglio di Stato, sez. V, 18 dicembre 2003 n. 8345; Consiglio
di Stato, sez. V, 20 aprile 2009, n. 2359; T.A.R. Campania -
Salerno, sez. II, 5 ottobre 2009, n. 5318). Infatti, in linea
generale, è noto che la sottoposizione a controprestazione
economica di attività svolte da enti pubblici, nell'esercizio di
pubbliche potestà , nel vigente ordinamento è sottoposta al
principio di legalità ai sensi dell'art. 23 cost., applicabile anche a
fattispecie distinte ed ulteriori rispetto alla materia tributaria,
allorquando un qualche aspetto della disciplina del rapporto sia
fissato autoritativamente (T.A.R. Liguria, sez. I, 7 luglio 2004, n.
1076).
In altri termini, la correlazione causale - rilevata dalla difesa del
Comune - tra l’incentivo edilizio e gli obiettivi pubblici,
unitamente alla commisurazione dello stesso al valore
immobiliare e alla sua scomputabilità mediante realizzazione
diretta delle opere, sono effettivamente elementi che conducono
a escludere la natura tributaria o paratributaria e a radicare la
corrispettività del contributo: corrispettività che però va
inquadrata pubblicisticamente, analogamente a quanto accade
con il contributo ordinario, che ha finalità essenzialmente
analoghe; ed anzi a maggior ragione, trattandosi di
un’obbligazione che ad esso si aggiunge (cfr. l’art. 20, comma 3,
e l’art. 13, comma 3, delle N.T.A.).
In altri termini, i profili di convenzionalità insiti nel meccanismo
dei PRINT non bastano a escludere il carattere pubblicistico del
contributo (allo stesso modo che gli oneri di urbanizzazione
determinati in una convenzione di lottizzazione non mutano
solo per questo la propria natura giuridica pubblicistica,
pacificamente riconosciuta in giurisprudenza).
Residua tuttavia il problema decisivo, che è quello di
stabilire in quale misura questa convenzionalità - pur
colorata di profili pubblicistici - consenta di superare il
principio di legalità .
Al riguardo è vero che il Consiglio di Stato ha riconosciuto
che - in linea di principio - in sede convenzionale il privato
può liberamente assumere impegni patrimoniali più
onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge:
impegni, questi, che rientrano nella piena disponibilitÃ
delle parti, posto che la normativa vigente in materia
urbanistica ed edilizia non esclude affatto che le parti
possano, per valutazioni di convenienza, regolare il
rapporto in termini diversi in punto di oneri economici
(Consiglio di Stato, sez. V, 29 settembre 1999, n. 1209; sez.
IV, 28 luglio 2005, n. 4015); e che non è escluso che ciò
possa valere anche qualora alcuni contenuti dell'accordo
vengano proposti dall'Amministrazione in termini non
modificabili dal privato (Consiglio di Stato, sez. IV, 28
luglio 2005, n. 4014).
Ma in questa sede - si badi bene - non si controverte
sull’interpretazione del singolo atto convenzionale, il quale
contenga (per così dire “ex post”) obbligazioni la cui misura vada
oltre quella vigente. Si tratta piuttosto della previsione “ex
ante” di un istituto, il contributo straordinario, che viene “a
priori” quantificato sia nella quota di maggiorazione di
edificabilità che ne costituisce la base (0,06 mq/mq) sia
nell’individuazione della misura minima (cfr. l’art. 20, comma 3,
delle N.T.A.). Non si tratta qui semplicemente di un atto
unilaterale, analogo alle “condizioni generali di contratto”; o alle
clausole contenute, ad esempio, nel D.M. Lavori Pubblici
21.12.1994, sui programmi di riqualificazione urbana, che
attengono a un atto avente valore di bando per l’assegnazione di
finanziamenti; o alle deliberazioni ministeriali che fissano le
modalità per l’assegnazione di contributi in materia di
programmi di recupero urbano). Si tratta piuttosto di un atto a
carattere normativo, e come tale, quindi, non solamente dotato di
una più diretta influenza sulla stessa sostanziale conformazione
della proprietà , ma anche vincolante “ex ante”,in via generale
e astratta, i soggetti dell’ordinamento, e quindi incidente
direttamente e imperativamente sul contenuto del successivo
eventuale accordo delle parti. Sotto questo profilo,
considerando le N.T.A. del Piano come un atto normativo, il
problema del rispetto non solo del principio di legalità , ma della
vera e propria riserva di legge prevista dall’art. 23 della
Costituzione, rimane allora ineludibile (dato che il Comune è
comunque privo di poteri legislativi, anche nel sistema
autonomistico disegnato dalla riforma del Titolo V della
Costituzione).
Ne consegue quindi, in conclusione, la fondatezza della censura
proposta, dovendosi ritenere illegittima la previsione del
contributo straordinario, attesa la carenza della necessaria base
legislativa, non solo a livello statale, ma anche a livello regionale,
non potendosi considerare sufficiente, a tal fine, il riferimento
contenuto nell’art. 18, comma 7, della L.R. n. 21/2009
(esaminata in precedenza), che attiene alla sola materia
dell’edilizia residenziale sociale. Tale profilo, che è assorbente e
decisivo nel campo del diritto pubblico, impedisce di per sé di
prendere in considerazione le pur pregevoli e meditate
giustificazioni di rango sistematico e teleologico fatte valere
dall’Avvocatura comunale in ordine alla coerenza del contributo
straordinario con l’impostazione generale del piano regolatore,
col metodo perequativo e con le finalità di interesse pubblico
perseguite.
N. Dalla ritenuta fondatezza del quarto e del quinto motivo di
ricorso deriva l’accoglimento dello stesso, con il conseguente
annullamento degli atti impugnati “in parte qua”, e in particolare
dei seguenti articoli delle N.T.A.:
- artt. 17, comma 2, lettera b);
- art. 18, commi 2 e 3;
-art. 20;
- art. 53, comma 11.
Ne consegue altresì l’inapplicabilità delle altre norme delle
N.T.A. direttamente ad esse connesse.
O. L’evidente complessità e la parziale novità delle questioni
trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II – bis,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie
nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla gli atti
impugnati, secondo quanto indicato al punto N della
motivazione.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autoritÃ
amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 22
ottobre 2009 e 17 dicembre 2009, con l'intervento dei
Magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Solveig Cogliani, Consigliere
Francesco Arzillo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 06274/2008 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 6274 del 2008, proposto
da: Cellini Adriano, rappresentato e difeso dagli Avv. ti
Giuseppe Lavitola e Fabrizio Zerboni, con domicilio eletto
presso lo studio degli stessi in Roma, via Costabella, 23,
contro
- Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dall'Avv. Luigi D'Ottavi,
domiciliato in Roma, via Tempio di Giove, 21; - Regione Lazio,
in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non
costituitasi in giudizio; - Provincia di Roma, in persona del
Presidente della Giunta Provinciale p.t., non costituitasi in
giudizio,
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
1) della deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 del
12.2.2008, avente ad oggetto “Ratifica dell’accordo di pianificazione
di cui al comma 6 dell’art. 66 – bis della Legge Regione Lazio n.
38/1999 sottoscritto dal Sindaco del Comune di Roma e dal Presidente
della Regione Lazio in data 6 febbraio 2008. Approvazione del Nuovo
Piano Regolatore Generale del Comune di Roma”;
2) della deliberazione della Giunta Regionale n. 80 dell’8.2.2008,
avente ad oggetto “Ratifica, ai sensi dell’art. 66-bis, comma 6,
della legge regionale n. 38/99 e s.m.i., dell’Accordo di
Pianificazione, sottoscritto in data 6 febbraio 2008 dal
Presidente della Regione Lazio e dal Sindaco di Roma, inerente
al nuovo piano regolatore generale del Comune di Roma
adottato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 19-
20 marzo 2003”;
3) dell’accordo di pianificazione di cui all’art. 66-bis, comma 6
L.R. Lazio n. 38/1999, sottoscritto dal Sindaco del Comune di
Roma e dal Presidente della Regione Lazio, sentito il Presidente
della Provincia, in data 6.2.2008;
4) della deliberazione del Consiglio Comunale n. 64 del
21/22.3.2006, con cui sono state formulate le controdeduzioni
alle osservazioni presentate avverso il Nuovo Piano Regolatore
Generale;
5) della deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 19-
20.3.2003, con cui è stato adottato il Nuovo Piano Regolatore
Generale;
6) di tutti i relativi elaborati, comprensivi delle N.T.A., allegati,
quale parte integrante, alla delibera consiliare di cui al punto 1),
atti tutti depositati dal 31 marzo 2008 presso il Dipartimento IX
- Sala Visure - Viale della Civiltà del Lavoro n. 10,
nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e
consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2009 il
dott. Francesco Arzillo e uditi, per le parti, i difensori del
ricorrente, Avv.ti G. Lavitola e F. Zerboni, e del Comune di
Roma, Avv.ti N. Sabato, A. Magnanelli, A. Raimondo e L.
D’Ottavi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
A. Il signor Adriano Cellini espone:
a) di essere proprietario di un’area di superficie complessiva pari
a 5.500 mq., sita nel Comune di Roma e distinta in catasto con
le particelle 1693 e 1717 del foglio 111;
b) di aver realizzato su parte di detta area alcuni manufatti per
complessivi mq. 249 a uso residenziale, per complessivi mq.201
a uso non residenziale, e per complessivi mq. 240 a uso attivitÃ
industriali: manufatti i quali hanno tutti formato oggetto di
sanatoria edilizia mediante il rilascio di appositi provvedimenti
in data 7.6.2002;
c) che nel precedente P.R.G. di Roma tale lotto di terreno era
destinato a Zona H, Sottozona H1 “Agro Romano”;
d) che nel Nuovo Piano Regolatore Generale, approvato con gli
atti indicati in epigrafe, detta area è inserita:
- per una superficie pari a circa 3000 mq., in zona destinata a
parco;
- per la restante parte di superficie, pari a circa 2500 mq., nei cd.
“Tessuti prevalentemente residenziali” della cd. “Città da
ristrutturare, Ambito per i Programmi integrati n. 3 del
Municipio XX”, la cui disciplina è dettata anzitutto dagli artt. 51,
52 e 53 delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del
N.P.R.G. di Roma.
Con il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato, il
signor Cellini impugna le prescrizioni del Nuovo Piano
Regolatore Generale alle quali è assoggettata l’area di sua
proprietà , proponendo cinque motivi in diritto così rubricati:
1) illegittimità per eccesso di potere del combinato disposto degli artt. 52,
comma 3, in parte qua, e 53 delle N.T.A. del N.P.R.G. per irrazionalitÃ
e/o illogicità manifesta, per difetto di presupposti e di pubblico interesse, per
disparità di trattamento;
2) ulteriore illegittimità per eccesso di potere del combinato disposto degli
artt. 52, comma 3, in parte qua, e 53 delle N.T.A. del N.P.R.G. per
irrazionalità e/o illogicità manifesta, per difetto di presupposti e di
pubblico interesse;
3) in via subordinata, illegittimità , in parte qua, dell’art. 52, comma 3,
delle N.T.A. del N.P.R.G., in combinato disposto con l’art. 53 delle
N.T.A. del N.P.R.G., nonché degli artt. 14 e 13 delle N.T.A. del
N.P.R.G. per: A) violazione dell’art. 52 del L.gs. n. 112/1998 e degli
artt. 117 e 118 Cost.; B) violazione del principio di legalità e del principio
di nominatività e tipicità dei provvedimenti amministrativi; violazione
dell’art. 44 della L.R. Lazio n. 38/99, dell’art. 16 della L. n.
179/1992 e della L.R. Lazio n. 22/1997, e in via generale della
normativa in materia di strumenti urbanistici attuativi; C) violazione degli
artt. 27 e ss.. L. n. 457/1978; eccesso di potere per errore e falsità dei
presupposti; illogicità e contraddittorietà manifeste;
4) in via ulteriormente subordinata e gradata, illegittimità degli artt. 17,
18 e 53 delle N.T.A. del N.P.R.G. per violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 7 della L. n. 1150/1942 e s.m.i. e dei principi generali in
materia urbanistica in relazione all’art. 42 Cost.;
5) illegittimità del combinato disposto degli artt. 53, comma 11, e 20, delle
N.T.A. del N.P.R.G. per violazione e falsa applicazione rispettivamente
degli artt. 3, 5 e 6 della L. n. 10/77 (ora art. 16 del T.U. dell’Edilizia
approvato con D.P.R. n. 380/2001), nonché della L.R. n. 35/77 e delle
relative tabelle.
B. Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, resistendo al
ricorso e formulando eccezioni in rito nonché articolate
deduzioni difensive di merito.
C. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza
pubblica del 22 ottobre 2009, e quindi trattenuto in decisione.
D. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di tardività del
ricorso, formulata dalla difesa comunale con riferimento al fatto
che lo stesso è stato notificato in data 30 maggio 2008, e quindi
oltre il termine dei sessanta giorni decorrente dalla
pubblicazione sul B.U.R.L., in data 14 marzo 2008, della
Deliberazione della Giunta Regionale n. 80 del giorno 8
febbraio 2008 e dell’avviso concernente la Deliberazione del
Consiglio Comunale n. 18 del 12 febbraio 2008.
L’eccezione è infondata.
E’ noto che - secondo la giurisprudenza - la presunzione legale
di conoscenza non ha luogo, ai fini del decorso del termine per
la proposizione dell’impugnazione, sino a che l’intera fase della
pubblicità legale non si sia perfezionata (Consiglio di Stato, sez.
IV, 19 gennaio 1988, n. 3): il che ordinariamente avviene con
riferimento alla scadenza del termine di pubblicazione
dell'avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali
(Consiglio di Stato, sez. IV, 12 novembre 2002, n. 6278; T.A.R.
Lombardia - Brescia, 1 dicembre 2004, n. 1743).
E’ vero che nella specie la procedura seguita, ossia la procedura
cd. di “copianificazione” disciplinata dall’art. 66 – bis della L.R.
n. 38/1999 ha carattere di specialità ; e che il comma 9 del
medesimo articolo sancisce che “l'efficacia del piano regolatore
generale è subordinata alla pubblicazione nel BURL dell'avviso
della avvenuta approvazione”. Ma questa disposizione attiene
all’efficacia del piano e non incide direttamente sul distinto
profilo della piena conoscibilità legale: profilo in ordine al quale,
per evidenti ragioni garantistiche attinenti all’effettività della
tutela giurisdizionale, occorre attenersi al menzionato criterio
generale. Del resto, anche in giurisprudenza si sono rilevate
significative ipotesi, pure in relazione alle diverse previsioni della
legislazione regionale, nelle quali si è ritenuto di dover
distinguere tra la data in cui il piano regolatore generale ha
efficacia, e la data di perfezionamento degli adempimenti
pubblicitari, che invece rileva ai fini della presunzione di
conoscenza per la decorrenza del termine di impugnazione (cfr.
Cassazione civile, sez. II, 4 marzo 2008, n. 5892; Consiglio
Stato, sez. IV, 11 dicembre 1998, n. 1782; Consiglio di Stato, sez.
IV, 15 luglio 1983, n. 538).
Con riferimento al caso in esame, quindi, è sufficiente osservare
che il deposito degli atti impugnati è avvenuto a partire dal 31
marzo 2008 presso il Dipartimento IX – Sala Visure – Viale
della Civiltà del Lavoro n. 10, come risulta dall’avviso pubblicato
in pari data sul quotidiano “Il Messaggero”.
Il ricorso risulta quindi proposto nel termine di sessanta giorni
previsto dalla legge.
E. Le prime quattro censure, proposte dal ricorrente in via
successivamente subordinata, sono tutte dirette a contestare -
sotto diversi profili sia particolari che generali - la
configurazione dell’istituto del Programma Integrato di
Intervento (PRINT) nel contesto del Nuovo Piano Regolatore.
La disciplina fondamentale di questo istituto si ritrova nell’art.
14 delle N.T.A.:
“Art.14. Programma integrato.
1. Il Programma integrato ha la finalità di sollecitare, coordinare e
integrare soggetti, finanziamenti, interventi pubblici e privati, diretti e
indiretti. Il Programma integrato prevede, di norma, incentivi di tipo
urbanistico, finanziario e fiscale, volti a favorire l’integrazione degli
interventi, la qualità urbana e ambientale, e il finanziamento privato di
opere pubbliche.
2. Il Programma integrato è di iniziativa pubblica, fatto salvo l’intervento
sostitutivo dei proprietari, ai sensi dell’art. 13, comma 6.
3. Il Programma integrato si applica:
a) all’intero Sistema insediativo, e con le modalità di cui all’art. 13, comma
3, al fine di programmare e promuovere l’applicazione degli istituti di
perequazione di cui all’art. 17, comma 2;
b) nella Città storica, al fine di coordinare, anche mediante incentivi, gli
interventi diretti privati e la loro integrazione con interventi sugli spazi
pubblici, con particolare riguardo alle zone più degradate;
c) negli Ambiti di valorizzazione della Città storica, in alternativa al
Piano di recupero e al Progetto urbano, per le finalità indicate dalla
specifica disciplina;
d) nei Tessuti della Città consolidata, al fine di ristrutturare impianti
urbani disomogenei e incompiuti, favorendo, mediante incentivi urbanistici,
il diradamento o trasferimento delle costruzioni e il reperimento di aree per
servizi pubblici;
e) nei Tessuti della Città da ristrutturare, al fine di migliorare la qualitÃ
urbana e la dotazione di infrastrutture e servizi pubblici, mediante incentivi
urbanistici e il concorso privato nel finanziamento di opere pubbliche;
f) negli Ambiti di programmazione strategica, in alternativa al Progetto
urbano, al fine di coordinare, in ambiti particolari, le previsioni del
Programma triennale opere pubbliche con interventi privati di recupero e
valorizzazione;
g) nelle Centralità locali, in alternativa al Progetto unitario o al Progetto
urbano, al fine di definire l’assetto urbanistico di tali ambiti;
h) nelle aree a Servizi pubblici, al fine di acquisirne in modo coordinato la
pubblica disponibilità , anche mediante la cessione compensativa di cui
all’art. 22;
i) nell’Agro romano, al fine di promuovere interventi integrati di
riqualificazione ambientale, valorizzazione dei beni culturali, promozione
di turismo rurale;
j) nelle aree della Rete ecologica, al fine di promuovere, coordinare,
indirizzare, anche dal punto di vista progettuale, gli interventi di cui all’art.
10, in ambiti vasti e su più componenti di PRG, tra loro integrate;
k) con la finalità di cui all’art. 12, comma 7, con particolare riguardo a
quei settori urbani in cui siano compresenti diversi Tessuti della Città da
ristrutturare e diversi Nuclei di edilizia ex abusiva, che necessitino di una
organizzazione complessiva, soprattutto in tema di mobilità locale e di
localizzazione di servizi comuni.
4. Il Programma integrato è promosso e definito, di norma, con la seguente
procedura:
a) formazione di un Programma preliminare che definisca: obiettivi,
incentivi, indirizzi per la definizione degli interventi privati, anche sotto
forma di piano preliminare di assetto; interventi pubblici prioritari;
finanziamenti pubblici disponibili o attivabili;
b) pubblicazione del programma preliminare, mediante avviso o bando
pubblico, che definisca i termini e le modalità di presentazione delle proposte
d’intervento o delle istanze di accesso agli incentivi di cui all’art. 17, comma
3;
c) valutazione e ridefinizione, anche mediante procedura negoziale, delle
proposte presentate, sulla base degli obiettivi e dei criteri definiti nel
Programma preliminare;
d) formazione e approvazione del Programma definitivo, anche in più fasi e
stralci, e relativo aggiornamento del Programma preliminare.
5. Il Programma definitivo contiene, quali elaborati essenziali: la
definizione progettuale, anche a livelli differenziati, degli interventi diretti e
indiretti, pubblici e privati; le aree su cui individuare eventuali comparti e
procedere alla costituzione del Consorzio; il Piano finanziario; il
Programma temporale.
6. Per i Programmi integrati nella Città consolidata e nella Città da
ristrutturare sono individuati appositi ambiti d’intervento e la relativa
disciplina, secondo gli articoli 50 e 53.
7. Qualora, ai fini dell’approvazione, del finanziamento e dell’attuazione
del Programma integrato, sia richiesta la partecipazione di altre
amministrazioni, il Comune, al fine di accelerare le relative procedure,
promuove la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della
legge n. 241/1990 e, all’occorrenza, l’accordo di programma di cui all’art.
34 del D.LGT n.267/2000.
8. Se non approvato tramite accordo di programma, il Programma integrato
è soggetto alle procedure di cui all’art. 2 della LR n. 36/1987; se contiene
al suo interno strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica, è
soggetto alle procedure di pubblicazione di cui all’art. 15 della legge n.
1150/1942, nonché alle procedure di approvazione di cui all’art. 1 della
LR n. 36/1987.”.
La disciplina degli ambiti di intervento nella Città da
ristrutturare, alla quale rinvia l’art. 14, comma 6, è dettata
dall’art. 53, il quale così dispone:
“Art.53. Ambiti per i Programmi integrati.
1. I Programmi integrati nella Città da ristrutturare sono finalizzati al
miglioramento della qualità urbana dell’insediamento e, in particolare,
all’adeguamento e all’integrazione della viabilità e dei servizi, mediante il
concorso di risorse private.
2. Gli ambiti per Programmi integrati sono individuati, mediante
perimetro, nell’elaborato 3.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:10.000. I perimetri
comprendono Tessuti, Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale,
Servizi pubblici di livello urbano, ferma restando la possibilità di intervento
diretto su tali componenti secondo la rispettiva disciplina del PRG. Le aree
comprese negli ambiti sono “Zone di recupero del patrimonio edilizio
esistente, ai sensi dell’art. 27, legge n. 457/1978. Sono ammessi interventi
di categoria RE, NC, RU e NIU, come definiti dall’art. 9.
3. Il Programma integrato è promosso e definito secondo le forme, le
procedure e i contenuti di cui all’art. 14, salvo quanto previsto al comma 5,
e si applica ad ogni singolo ambito o a più ambiti contigui o prossimi.
4. I Programmi integrati sono di competenza dei Municipi, secondo quanto
previsto dall’art. 13, comma 8. Ai sensi dell’art. 13, comma 3, il
Consiglio comunale o la Giunta comunale, sulla base delle rispettive
competenze, possono emanare un atto di indirizzo e programmazione che
definisca priorità , termini e modalità di formazione dei Programmi
integrati, nonché la eventuale disponibilità di risorse finanziarie, anche
ripartite per Ambiti. In caso di inerzia dei Municipi rispetto ai termini
stabiliti dall’atto di indirizzo, o su richiesta degli stessi, alla promozione dei
Programmi integrati provvede direttamente il Comune, con i propri Organi
e Uffici centrali.
5. Salvo diversa indicazione contenuta nell’atto di indirizzo e
programmazione di cui al comma 4, ove emanato, e comunque previa
autorizzazione dei Municipi, i Programmi integrati possono essere promossi
dai soggetti privati, che rappresentino, in termini di valore catastale o di
estensione superficiaria, la maggioranza delle aree riferite all’intero ambito,
o ai soli tessuti, o alle sole aree non edificate dei tessuti: tali soggetti
presentano ai Municipi una proposta di Programma preliminare estesa
all’intero ambito, corredata dalle proposte d’intervento sulle aree di loro
proprietà o nella loro disponibilità . Il Municipio, valutata favorevolmente la
proposta di Programma preliminare, la pubblica e procede secondo quanto
previsto dai commi 7, 8 e 9; se ritenute di notevole interesse pubblico e di
autonomia e rilevanza urbanistica, le proposte d’intervento dei soggetti
promotori possono essere approvate indipendentemente dal decorso delle
procedure di formazione del Programma integrato.
6. Il Programma preliminare definisce, anche per stralci e fasi di
attuazione: gli obiettivi da conseguire in termini urbanistici e finanziari, gli
interventi pubblici da realizzare e le relative priorità , gli indirizzi per la
progettazione degli interventi privati; definisce altresì, a specificazione o in
assenza di un atto d’indirizzo del Consiglio comunale, le eventuali risorse
pubbliche necessarie e disponibili, nonché i criteri di valutazione, i tempi e le
modalità di presentazione, anche con periodicità annuale, delle proposte
d’intervento di cui al comma 7.
7. Dopo la pubblicazione del Programma preliminare, i soggetti privati
aventi la disponibilità delle aree e i soggetti pubblici competenti presentano
proposte di intervento coerenti con il Programma preliminare;
contestualmente, i Municipi assumono iniziative di informazione e
consultazione della cittadinanza e della comunità locale, in modo che, oltre
alle proposte d’intervento, possano essere presentate osservazioni e contributi
partecipativi in ordine ai contenuti del Programma preliminare.
8. Il Municipio, o il Comune in caso di intervento sostitutivo, procede alla
formazione del Programma integrato sulla base delle proposte pervenute,
eventualmente modificate e integrate anche mediante procedimento negoziale,
nonché delle osservazioni e contributi partecipativi di cui al comma 7, e lo
sottopone all’approvazione del Consiglio comunale. Il Programma integrato
approvato dal Comune, fatta salva la possibilità di successive e periodiche
integrazioni, deve conseguire una parte rilevante degli obiettivi stabiliti dal
Programma preliminare, e comunque consentire la realizzazione di uno
stralcio autonomo della previsione di interventi pubblici.
9. Il Programma integrato approvato dal Comune, contiene: lo schema di
assetto complessivo dell’ambito aggiornato secondo le proposte assentite; i
progetti degli interventi privati; i documenti preliminari degli interventi
pubblici, di cui all’art. 14 del Regolamento dei lavori pubblici; il piano
finanziario; il cronoprogramma degli interventi; lo schema di convenzione o
di atto d’obbligo con i soggetti attuatori e gestori; ulteriori elaborati
eventualmente richiesti da normative statali e regionali o dall’atto di
indirizzo e programmazione di cui al comma 4.
10. Il Programma integrato, tenuto conto dei risultati conseguiti con metodo
consensuale rispetto agli obiettivi preliminarmente definiti, individua altresì
le aree a destinazione pubblica da assoggettare a espropriazione, nonché
eventuali sub-ambiti da assoggettare a comparto edificatorio, ai sensi
dell’art. 23 della legge n. 1150/1942, a Piano di recupero, anche
obbligatorio, ai sensi dell’art. 28, comma 5, della legge n. 457/1978, a
Piano per insediamenti produttivi (nei Tessuti prevalentemente per attività ),
ai sensi dell’art. 27 della legge n. 865/1971, fatto salvo ogni ulteriore
potere conferito, per legge, agli strumenti urbanistici esecutivi.
11. Salvo indicazioni più restrittive del Programma preliminare motivate
da ragioni di sostenibilità urbanistica e ambientale, e in deroga a quanto
previsto dall’art. 52 per gli interventi diretti, le aree comprese nei Tessuti di
cui all’art. 52 esprimono i seguenti indici di edificabilità , articolati in base
alle destinazioni del precedente PRG e tenendo conto degli indici per
intervento diretto di cui all’art. 52:
a) aree già destinate a edificazione privata a media o alta densità (ex zone
E1, E2, F, L, M2): 0,6 mq/mq, di cui 0,3 mq/mq soggetto al
contributo straordinario di cui all’art. 20;
b) aree già destinate a edificazione privata a bassa densità (ex zone G3,
G4) o a servizi pubblici (ex zone M1, M3): 0,3 mq/mq, di cui 0,1
mq/mq a disposizione dei proprietari, 0,1 mq/mq a disposizione dei
proprietari ma soggetto a contributo straordinario, 0,1 mq/mq a
disposizione del Comune ai sensi dell’art. 18;
c) aree già non edificabili (ex zone H, N; viabilità e parcheggi; zone
sprovviste di pianificazione urbanistica, ai sensi dell’art. 9, comma 1,
DPR 380/2001): 0,3 mq/mq, di cui 0,06 mq/mq a disposizione dei
proprietari; 0,06 mq/mq a disposizione dei proprietari ma soggetto a
contributo straordinario; 0,18 mq/mq a disposizione del Comune ai sensi
dell’art. 18.
12. Nel caso le aree predette siano già state interessate da Piani attuativi
approvati, ancorché decaduti per decorso termine di efficacia, in luogo delle
destinazioni di zona del precedente PRG, si applicano le omologhe
destinazioni di Piano attuativo.
13. La SUL a disposizione del Comune, di cui al comma 11, lett. b) e c),
è prioritariamente utilizzata per le finalità di cui al comma 1, secondo le
indicazioni del Programma preliminare. L’utilizzazione di tale SUL per
le compensazioni urbanistiche di cui all’art. 19 può avvenire esclusivamente
con il consenso dei proprietari.
14. Nelle aree di cui al comma 11, lett. b) e c), il Programma preliminare
può prevedere, previa favorevole verifica di sostenibilità urbanistica, un
incremento dell’indice di 0,3 mq/mq, fermo restando l’indice a disposizione
dei proprietari e senza comunque eccedere l’indice di 0,6 mq/mq, valutata
la densità fondiaria dei tessuti circostanti, al fine di una maggiore
omogeneità con il tessuto preesistente e dell’acquisizione di ulteriori risorse
finanziarie private necessarie per la realizzazione del programma di opere
pubbliche.
15. Riguardo alle destinazioni d’uso nei tessuti, in deroga a quanto
previsto dall’art. 52, e fatte salve previsioni più restrittive del Programma
preliminare:
a) nei Tessuti prevalentemente per attività , una quota non superiore al
20% della SUL interessata dal complesso delle proposte di intervento
accolte può essere destinata a funzioni Abitative; una quota non inferiore
al 30% deve essere riservata a funzioni Produttive;
b) nei Tessuti prevalentemente residenziali e nei Tessuti prevalentemente per
attività sono ammesse le funzioni Commerciali, Servizi e Turistico-ricettive,
a CU/m e CU/a;
c) i cambi di destinazione d’uso verso destinazioni consentite solo per
intervento indiretto sono sottoposti al contributo straordinario di cui all’art.
20.
16. Nelle aree destinate a Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale
e a Strade, si applica la cessione compensativa di cui all’art. 22. Se previsto
dal Programma preliminare, nelle aree a Verde pubblico e servizi pubblici
di livello locale, i proprietari dotati di idonei requisiti, unitamente alla
cessione compensativa, possono proporre, in regime di convenzione, la
realizzazione in diritto di superficie e la gestione dei servizi previsti dal
Programma integrato.
17. Fatto salvo quanto previsto all’art. 13, comma 18, il Programma
integrato può apportare le seguenti modifiche alle prescrizioni del PRG,
senza che ne costituisca variante:
a) variazione delle delimitazioni delle componenti di cui al comma 2, a
condizione che non risulti ridotta la dotazione di standard urbanistici e a
parità di previsioni edificatorie a favore della proprietà , che possono essere
trasferite all’interno dello stesso ambito;
b) trasferimento delle previsioni edificatorie generate dall’applicazione degli
indici di cui al comma 11 in Aree di concentrazione edilizia (ACE)
indicate dal Programma preliminare;
c) estensione del Programma integrato ad aree esterne al perimetro di cui al
comma 2, al fine di includere aree e interventi pubblici di completamento
dell’assetto degli ambiti perimetrati o di integrazione con insediamenti
circostanti; per migliorare la dotazione di standard urbanistici, se non
interamente reperibili all’interno, e la qualità ambientale degli insediamenti,
possono essere incluse aree esterne contigue destinate a Verde pubblico e
servizi pubblici di livello locale, nonché, in subordine, aree dell’Agro
romano di cui al Titolo III, Capo 2°; le aree agricole sono inserite nel
Programma integrato in misura non eccedente il 20% dell’estensione
dell’Ambito ed esclusivamente su proposta di cessione compensativa
formulata dai proprietari, ai sensi del comma 7;
d) esclusione della SUL di parcheggi privati non pertinenziali, la cui
gestione sia regolata da apposita convenzione con il Comune, dal computo
dell’edificabilità ammissibile ai sensi del comma 11.
18. Se all’interno del perimetro degli Ambiti per i Programmi integrati
dovessero ricadere componenti diverse da quelle indicate al comma 2, ad esse
si applica la loro rispettiva disciplina, fatti salvi i poteri del Programma
integrato di indirizzo e coordinamento complessivo applicati all’intero
Ambito”.
F. Secondo l’Amministrazione, la valorizzazione del PRINT si
ricollega alle indicazioni ricavabili dalla giurisprudenza
costituzionale quanto all’ambito dei poteri riconosciuti all’ente
locale. Questo strumento sarebbe riconducibile a due previsioni
di legge:
- la previsione dell’art. 16 della L. n. 179/92, secondo cui il
Programma Integrato di Intervento è volto “al fine di
riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale” e
“caratterizzato dalla presenza di pluralità di funzioni, dalla
integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le
opere di urbanizzazione, da una dimensione tale da incidere
sulla riorganizzazione urbana e dal possibile concorso di più
operatori e risorse finanziarie pubblici e privati” (comma 1). Si
tratta di uno strumento avente connotazione di amplissima
discrezionalità , estesa al coordinamento dei diversi ambiti
territoriali, al particolare rilievo della componente ambientale e
al concorso di risorse finanziarie pubbliche e private;
- la previsione della legge regionale n. 22/97 che prevede il
programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e
ambientale.
Detto strumento, sempre secondo l’Amministrazione, riveste un
ruolo centrale nell’attuazione del meccanismo di
perequazione/compensazione su cui si basa il Nuovo Piano
Regolatore.
G. Il Collegio prende preliminarmente atto di questa
impostazione, la quale riflette gli sviluppi della scienza
urbanistica degli ultimi decenni e trova riscontro – sia pure in
maniera differenziata – in diverse leggi regionali e in molteplici
esperienze di pianificazione in Italia (oltre che all’estero).
E’ noto, tuttavia, che gli istituti perequativi e compensativi si
atteggiano – nelle leggi regionali come nella prassi pianificatoria
– secondo modalità assai diversificate e difficilmente
riconducibili ad unità , nonostante gli sforzi della dottrina in tale
direzione. E questo a maggior ragione in un contesto
ordinamentale caratterizzato, purtroppo, dalla prolungata inerzia
del legislatore statale nell’affrontare in maniera sistematica i nodi
di fondo della materia.
Per quello che interessa in questa sede, occorre precisare che
non è compito di questo giudice entrare nel merito delle scelte
politiche e delle connesse visioni di cultura, di scienza e di
tecnica urbanistica, delle quali il Nuovo Piano Regolatore di
Roma rappresenta una significativa espressione.
Più semplicemente, questo Tribunale, pur avendo presente
l’esigenza di tenere conto della visione complessiva che sorregge
l’impianto del piano e di evitare una considerazione atomistica
delle relative previsioni, non può esimersi da una considerazione
ragionevolmente distinta delle varie disposizioni funzionalmente
dirette all’attuazione del disegno complessivo, anche se –
ovviamente – nei limiti segnati dai motivi di ricorso.
Ciò sul presupposto che l’attività amministrativa, anche quando
comporta - segnatamente nella fase di pianificazione e
programmazione - un consistente margine di autonomia nella
specificazione dei fini e nella prefigurazione degli strumenti,
rimane pur sempre soggetta in primo luogo alla legge, nonché
agli altri parametri indicati dall’art. 1 della l. 241/1990 e - più a
monte - dalle previsioni costituzionali: parametri che riflettono,
d’altra parte, esigenze di giustizia coessenziali alla funzione
amministrativa.
Ne consegue, con particolare riferimento al principio di legalitÃ
e alle sue implicazioni, che l’Amministrazione opera
nell’esercizio di poteri previsti dalla legge e con strumenti
parimenti dotati di copertura legislativa: non è sufficiente che il
fine perseguito sia legittimo, perché è necessario che lo siano
anche gli strumenti impiegati.
H. Fatte queste doverose premesse, occorre passare all’esame,
da effettuarsi congiuntamente, del primo e del secondo mezzo
di impugnazione, con i quali il ricorrente censura il combinato
disposto degli artt. 52, comma 3, e 53 delle N.T.A. del Nuovo
Piano Regolatore.
H.1 La comprensione delle censure presuppone un sintetico
richiamo alla classificazione della tipologia degli interventi
risultante all’art. 9 della N.T.A.:
a) Manutenzione ordinaria (MO),
b) Manutenzione straordinaria (MS),
c) Restauro e risanamento conservativo (RC),
d) Ristrutturazione edilizia (RE), divisa in tre sotto-categorie:
- RE1 Ristrutturazione edilizia senza aumento della SUL, del
Volume costruito (Vc) e delle unità immobiliari, senza
modificazioni della sagoma e senza alterazione dell’aspetto
esteriore degli edifici;
- RE2 Ristrutturazione edilizia diversa dalle sotto-categorie RE1
e RE3;
- RE3 Demolizione e ricostruzione di un fabbricato, senza
variazione di volumetria (Vc) e sagoma, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa
antisismica, e con la possibilità di modifiche non sostanziali
dell’area di sedime, come definite dalla legislazione regionale,
volte ad un maggiore allineamento con gli edifici adiacenti o
all’adeguamento a prescrizioni di strumenti urbanistici esecutivi;
e) - Nuova costruzione (NC): tipologia che ricomprende le seguenti
principali categorie di intervento edilizio:
- DR Demolizione e ricostruzione di edifici non rientrante nella
categoria RE3;
- AMP Ampliamenti di edifici all’esterno della sagoma esistente,
connessi o non a interventi di ristrutturazione edilizia o
demolizione e ricostruzione della parte preesistente, come
stabilito nelle specifiche norme di tessuto; rientrano in tale
sotto-categoria gli interventi pertinenziali, intesi quali interventi
su spazi accessori alle unità edilizie e immobiliari, legati a queste
da vincolo di pertinenza, che eccedano il 15% del Volume
costruito (Vc), ovvero che siano realizzati, con qualsiasi
dimensione, nella Città storica o su immobili individuati nella
Carta per la qualità di cui all’art. 16;
- NE Nuova edificazione di fabbricati su aree libere, comunque
non rientrante nelle precedenti Categorie;
f) Ristrutturazione urbanistica (RU);
g) Nuovo impianto urbanistico (NIU).
H.2 In particolare, la prima censura prende le mosse dall’art. 52,
comma 3, il quale così dispone:
“Nei Tessuti della Città da ristrutturare sono ammessi, con intervento
diretto, gli interventi di categoria MO, MS, RC, RE, DR, AMP, NE,
come definiti dall’art. 9. Nelle aree destinate dal precedente PRG, o sue
varianti anche solo adottate, a zona agricola o a verde pubblico e servizi
pubblici, è prescritto il ricorso al Programma integrato, di cui all’art. 53;
per intervento diretto sono consentiti esclusivamente gli interventi di
categoria MO, MS, RC, RE”.
Ne consegue che nelle aree precedentemente destinate a Zona
Agricola - come quella di cui è proprietario l’odierno ricorrente
- è obbligatorio il ricorso allo strumento del “Programma
integrato” per gli interventi rientranti nelle categorie DR
(demolizione e ricostruzione), AMP (Ampliamento) e NE
(Nuova edificazione).
Il ricorrente censura proprio l’impossibilità di procedere in via
diretta alla realizzazione di questa categoria di interventi.
In sintesi, secondo il ricorrente, il fatto che l’area di sua
proprietà fosse destinata nel vecchio P.R.G. a zona agricola non
rappresenta un elemento che possa da solo giustificare la
limitazione del ricorso al Programma integrato per
l’effettuazione degli interventi DR, AMP e NE, rispetto alla
generale facoltà di intervento diretto prevista per le aree
comprese nei “Tessuti della Città da ristrutturare” (ad eccezione,
peraltro, di quelle precedentemente destinate a verde pubblico e
servizi pubblici).
Conseguentemente, il ricorrente sostiene che all’area di sua
proprietà non solo debba essere riconosciuto il più largo ricorso
al regime dell’intervento diretto, ma che alla stessa competa lo
stesso indice di edificabilità fondiaria pari a 0,3 mq/mq.
La censura si basa essenzialmente sulla considerazione che la
valutazione del territorio andrebbe essere effettuata, in sede di
pianificazione, sulla base della sola considerazione della
situazione attuale; mentre dovrebbe restare irrilevante la
provenienza dell’area, ossia la situazione della stessa alla stregua
della pianificazione anteriore.
H.3 Con il secondo motivo di ricorso, poi, il ricorrente
evidenzia un ulteriore connesso profilo di illogicità e
irrazionalità , derivante dal fatto che circa 3000 mq dell’area di
sua proprietà sono già vincolati a parco pubblico, il che
consentirebbe il conseguimento dell’integrazione degli spazi
pubblici e dei servizi, che rappresenta una delle finalità della cd.
Città da ristrutturare (art. 51 N.T.A.) e del Programma Integrato
(art. 53, comma 1, N.T.A.). Quindi, anche per questo motivo
sarebbe agevolmente assentibile l’intervento diretto sulla
restante parte di proprietà del ricorrente, della quale si
controverte in questa sede.
H.4 Le censure sono infondate.
La previsione impugnata esclude l’intervento diretto con
riferimento alle tipologie maggiormente incisive sull’assetto del
territorio, riconducibili non alla preservazione strutturale
dell’esistente, bensì alla nuova edificazione in aree che avevano
destinazione non edificatoria (e quindi non solo agricola, ma
anche a servizi pubblici o a verde pubblico).
Va quindi considerata legittima l’esigenza di inserire la nuova
edificazione in un contesto compositivo che postula - secondo
un’impostazione conforme ai principi generali del diritto
urbanistico - il ricorso allo strumento attuativo: e ciò a
prescindere dall’ulteriore questione, oggetto delle successive
censure, della legittimità del tipo di strumento (il PRINT)
disegnato allo scopo.
Il fatto, poi, che nel caso della ricorrente si tratterebbe di un
terreno sul quale esiste già un’edificazione abusiva poi
condonata, non appare idoneo a mutare la natura dell’esigenza
in questione: essa sussiste, analogamente e ragionevolmente,
non solo per la nuova edificazione strettamente intesa, ma anche
con riferimento agli interventi di demolizione e non fedele
ricostruzione e di ampliamento, che hanno comunque un
impatto urbanistico innovativo e significativamente
apprezzabile.
Per quanto attiene poi, in particolare, al secondo profilo di
censura, dalle successive precisazioni fornite sia dal ricorrente
sia dall’Amministrazione si ricava che la parte del lotto di
proprietà del primo è inserita in realtà del perimetro del Parco di
Vejo (parco di livello regionale).
Nella specie, occorre prescindere dalle prospettazioni del
ricorrente circa la verosimile futura destinazione dell’area, in
sede di redazione del Piano di Assetto, a verde pubblico o a
verde ambientale privato, e circa la concreta situazione di fatto
delle aree circostanti. Il Collegio ritiene infatti che la censura
attenga in realtà non tanto alla classificazione dell’area, quanto
alla validità di una previsione a carattere normativo, applicabile
come tale a una pluralità di situazioni: come tale le circostanze
fattuali evidenziate non infirmano la evidenziata generale
ragionevolezza, rilevabile anzitutto “ex ante”, della
pianificazione attuativa sulle zone appartenenti ai cd. “Tessuti
prevalentemente residenziali”; e quindi anche sulla parte del
lotto del ricorrente classificata come tale.
I. Una volta disattese le prime due censure, occorre passare
all’esame del terzo subordinato motivo di impugnazione, con il
quale il ricorrente contesta in radice la legittimitÃ
dell’introduzione dello strumento urbanistico esecutivo
costituito dal cd. Programma integrato, sotto i seguenti
concorrenti profili:
a) l’individuazione tipologica di nuovi strumenti urbanistici e dei
relativi lineamenti essenziali è riservata alla legislazione statale,
mentre alle Regioni spetta la disciplina degli effetti sostanziali e
dei procedimenti di formazione dei medesimi (art. 52, comma 1,
del D. Lgs. n. 112/1998; Corte costituzionale, sent. 7-19 ottobre
1992, n. 393);
b) l’Amministrazione comunale deve pianificare il territorio
utilizzando solamente gli strumenti urbanistici previsti
dall’ordinamento vigente, in ossequio al principio di legalità e ai
connessi principi di nominatività e tipicità degli atti
amministrativi. Nella specie, detti principi sarebbero violati in
quanto:
c) le finalità e i contenuti del Programma integrato, così come
configurati dall’art. 14, commi 1 e 3, delle N.T.A. del Nuovo
PRG, non corrispondono alle previsioni di cui all’art. 16,
comma 1, della L. n. 179/1992 e all’art. 2, comma 1, della L.R.
n. 22/1997;
d) l’art. 14, comma 2, delle medesime N.T.A. affida il
Programma integrato all’iniziativa pubblica, fatto salvo
l’intervento sostitutivo dei proprietari solo in caso di inerzia del
Comune, in contrasto con le previsioni dell’art. 16, comma 2
della L. n. 179/1992 e dell’art.2, comma 3, della L.R. Lazio n.
22/1997, che consentono la presentazione del programma
integrato alternativamente a iniziativa del Comune o
direttamente dei privati;
e) l’art. 14, comma 4, delle N.T.A. prevede la necessaria
formazione di uno strumento intermedio (il “Programma
preliminare”) in contrasto con l’art. 4 della L.R. Lazio n.
22/1997;
f) l’art. 13, comma 9, delle N.T.A. del N.P.R.G. prevede che tutti
gli interventi indiretti siano “sottoposti, dalla loro fase
preliminare fino alla definizione, ad una procedura
d’informazione e consultazione della cittadinanza, disciplinata
con Regolamento comunale”: procedura la cui introduzione
postulerebbe un’apposita previsione di legge statale o regionale,
la quale derogasse al principio di non applicabilità degli istituti
partecipativi ai procedimenti di pianificazione urbanistica (art.
13 della L. n. 241/1990), ferma restando ovviamente la
presentazione delle osservazioni successivamente all’adozione
del piano, alla stregua dell’ordinamento vigente;
g) lo stesso art. 53, comma 2, delle N.T.A. del Nuovo P.R.G.
afferma che le aree ricomprese negli ambiti per Programmi
integrati sono “Zone di recupero del patrimonio edilizio
esistente, ai sensi dell’art. 27, legge n. 457/1978”: il che
confermerebbe che l’introduzione nel Nuovo P.R.G. del
Programma integrato non è giustificata, data la presenza,
nell’ordinamento, dello strumento del Piano di recupero di cui
alla richiamata Legge n. 457/1978.
I.1 La difesa dell’Amministrazione fa presente in replica:
a) lo strumento del Programma integrato è stato istituito
dall’art. 16 della L. n. 179/1992 e specificato dalla L.R. Lazio n.
22/1997; il ricorso a questo strumento, da parte dei privati, ha
comunque carattere facoltativo ed è incentivato da benefici
altrimenti non conseguibili;
b) le previsioni e la disciplina del P.R.G. sono conformi alla
richiamata disciplina nazionale e regionale, secondo la quale i
Programmi integrati:
- si applicano ad ambiti vasti prevalentemente edificati,
comprendenti tessuti esistenti, di “dimensioni tali da incidere
sulla riorganizzazione del tessuto urbano” (art. 2, comma 1, L.R.
n. 22/1997; art. 1, comma 1, L. n. 179/1992);
- sono finalizzati alla “riqualificazione urbanistica, edilizia e
ambientale” e “ad una più razionale utilizzazione e
riorganizzazione del territorio” (art. 1, comma 1, L.R. n.
22/1997; art. 16, comma 1, L. n. 179/1992);
- si basano su proposte di intervento presentate dal soggetti
pubblici e privati (art. 3, comma 1, L.R. 22/1997; art. 16,
comma 2, L. 179/1992) ovvero sono promossi direttamente dai
Comuni (art.3, comma 1, L.R. 22/1997);
- si realizzano con il concorso di risorse finanziarie pubbliche e
private (art. 16, comma 1, L. n. 179/1992; art. 2, comma 2, L.R.
22/1997);
c) la procedura approvativa del PRINT è disciplinata (art. 14,
commi 7 e 8 delle N.T.A.) con un espresso riferimento a norme
statali (art. 34 del D. Lgs. 267/2000; art. 15 della L. n.
1150/1942) o regionali (LR 36/1987, artt. 1 e 2);
d) il cd. “Programma preliminare” ha natura di mera fase
endoprocedimentale diretta a pre-determinare e a rendere
pubblici obiettivi, incentivi, criteri di valutazione delle proposte
di intervento (art. 12 della L. n. 241/1990);
e) infatti il PRINT è attivato dal Comune che ne definisce gli
obiettivi e i criteri, ma viene poi definito sulla base delle
proposte presentate da soggetti pubblici e privati; e questo in
sostanziale consonanza con l’art. 16, commi 1 e 2 della L. n.
179/1992 e con le norme della L. n. 241/1990 (artt. 7, 11, 12),
oltre che con l’analoga procedura prevista per i cd. Programmi
di recupero urbano dal D.M. LL. PP. del 1 dicembre 2004;
f) la redazione diretta del PRINT da parte del Comune del
progetto preliminare e del Programma definitivo è compatibile
con la L.R. n. 22/1997;
g) in questo contesto la partecipazione dei privati è pienamente
ammissibile e si può spingere fino all’assunzione del ruolo di
promotori (art. 53, comma 5, delle N.T.A.); il coinvolgimento
partecipativo degli interessati e dei potenziali investitori
risponde a una logica diversa dalle osservazioni di PRG;
h) il richiamo della classificazione quale “Zona di recupero”
deriva dal fatto che l’art. 53, comma 10, delle N.T.A. prevede
che il Programma integrato possa individuare al suo interno aree
da sottoporre a Piano di Recupero, anche obbligatorio.
I.2 L’esame del complesso motivo di impugnazione deve
prendere le mosse dalla constatazione che il principio di legalitÃ
dell’azione amministrativa, con i connessi profili della tipicità e
della nominatività , riveste un ruolo essenziale nella materia in
questione.
In linea di principio, infatti, non può non ribadirsi la validitÃ
dell’autorevole insegnamento giurisprudenziale secondo il quale
"esiste, nell'ordinamento urbanistico non meno che in tutto il
diritto pubblico, in applicazione del più generale principio di
legalità (che vuole che in uno Stato di diritto non possa una
Pubblica amministrazione avvalersi di poteri che la legge non le
ha previamente conferito), un inderogabile principio di
nominatività e tipicità degli strumenti urbanistici: esso è tale per
cui una Pubblica Amministrazione non può adottare, od
approvare, una figura di piano di organizzazione del territorio
che non corrisponda (per presupposti, competenze, oggetto,
funzione ed effetti) ad uno schema già predeterminato, in via
generale ed astratta, da una norma primaria dell'ordinamento. La
gestione dell'assetto del territorio è infatti una funzione che si
estrinseca in una molteplice tipologia di manifestazioni di
potestà pubbliche, in cui ciascuna deve essere caratterizzata per
legge (a garanzia dei destinatari) da una propria causa, da propri
effetti, e da una corrispondente competenza: per modo che non
può essere ravvisato sussistere, nell'attuale ordinamento, in capo
ad alcun centro amministrativo, un generale ed indifferenziato
potere di pianificazione del territorio, libero quanto a mezzi e a
forme, capace di incidere sui diritti dei consociati. Gli strumenti
urbanistici legittimamente applicabili sono pertanto soltanto
quelli previsti - per nome, causa e contenuto - dalla legge; e
dunque, al di fuori di un tale numero chiuso, non può
legittimamente una Amministrazione procedere ad introdurre
nella realtà giuridica qualsivoglia, indicativa o coercitiva che sia,
nuova categoria di strumento di pianificazione dell'assetto del
territorio" (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 novembre 2001, n.
5721; cfr. altresì sez. II, 26 ottobre 1994, n. 883; sez. IV, 28
luglio 1982, n. 525; sez. V, 12 dicembre 2003, n. 8198; T.A.R.
Abruzzo - L'Aquila, 31 gennaio 2005, n. 44).
In particolare, poi, non può ricavarsi una deroga al principio del
“numerus clausus” degli strumenti di pianificazione urbanistica
previsti dalla legge dal principio dell'autonomia degli Enti locali
in quanto gli atti normativi di rango secondario o ulteriormente
subordinato posti in essere dai suddetti Enti debbono
comunque rispettare le fonti primarie (T.A.R. Lombardia -
Milano, sez. II, 5 luglio 2006, n. 1719).
Nella specie, occorre quindi chiedersi:
1) se il PRINT, così come configurato nel Nuovo Piano
Regolatore Generale del Comune di Roma, assuma le
caratteristiche di uno strumento atipico, o se - al contrario - esso
corrisponda al Programma Integrato di Intervento quale
configurato dalla normativa urbanistica nazionale e regionale;
2) se, anche qualora si ritenga che i lineamenti essenziali del
PRINT siano riconducibili al tipo normativo, non sussistano
comunque dei profili specifici di illegittimità della relativa
disciplina, che siano tali da rendere sostanzialmente
incompatibile l’impostazione del Nuovo PRG sul punto con le
previsioni normative di rango superiore.
I.3 E’ nota l’evoluzione della concezione della pianificazione
attuativa - fin dagli anni Novanta dello scorso secolo - verso il
modello “polifunzionale”, rivolto a perseguire con un notevole
grado di flessibilità operativa esigenze non solo di recupero, ma
anche di trasformazione e di sviluppo di ampie aree territoriali.
In questo contesto si colloca la figura del Programma Integrato
di Intervento. Esso è disciplinato in primo luogo dalla legge
statale, ossia dall’art. 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, i
cui primi due commi così dispongono:
“1. Al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale, i
comuni promuovono la formazione di programmi integrati. Il programma
integrato è caratterizzato dalla presenza di pluralità di funzioni, dalla
integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le opere di
urbanizzazione, da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione
urbana e dal possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubblici
e privati.
2. Soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati
fra di loro, possono presentare al comune programmi integrati relativi a
zone in tutto o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione
al fine della loro riqualificazione urbana ed ambientale”.
La rimanente disciplina specifica dell’istituto, dettata nei
successivi commi da 3 a 7, è stata dichiarata incostituzionale
dalla sentenza 19 ottobre 1992, n. 393 della Corte costituzionale,
perché considerata lesiva delle competenze regionali.
Nel Lazio l’istituto è stato ulteriormente disciplinato dalla L.R.
26 giugno 1997, n. 22, il cui art. 1, comma 1 così dispone:
“1. La presente legge disciplina, nel rispetto dei principi stabiliti
dall'articolo 16, commi 1 e 2, della legge 17 febbraio 1992, n. 179, la
formazione e la realizzazione di programmi integrati di riqualificazione
urbanistica, edilizia ed ambientale finalizzati ad una più razionale
utilizzazione e riorganizzazione del territorio della Regione, ed in
particolare del patrimonio edilizio e delle infrastrutture in esso presenti”.
I caratteri dello strumento sono così delineati dal successivo
articolo 2:
“1. Il programma integrato consiste in un progetto operativo complesso, di
interesse pubblico, con rilevante valenza urbanistica ed edilizia, ed é
caratterizzato dalla presenza di pluralità di funzioni, dall'integrazione di
diverse tipologie, ivi comprese le opere di urbanizzazione e le infrastrutture
necessarie per assicurare la completezza e la piena funzionalitÃ
dell'intervento stesso, e da dimensioni tali da incidere sulla riorganizzazione
del tessuto urbano.
2. Il programma integrato può essere localizzato soltanto sul territorio di
Comuni provvisti di strumento urbanistico generale approvato e può
interessare immobili pubblici e-o privati. La sua realizzazione può
avvenire anche attraverso la compartecipazione di soggetti pubblici e-o
privati, con rispettivi apporti di risorse finanziarie.
3. Fermo restando quanto indicato al comma 1, il programma integrato
riguarda essenzialmente:
a) aree interne e contigue ai perimetri urbani come definiti dagli strumenti
urbanistici al cui interno siano presenti aree degradate in tutto o in parte
edificate e si riscontrino carenze di strutture e di servizi;
b) centri minori oggetto di sensibili sviluppi insediativi con servizi
inadeguati;
c) nuclei di urbanizzazione rada e diffusa, privi di servizi ed elementi
infrastrutturali, nonché di una specifica identità urbanistica;
d) parti di centri urbani con forti fenomeni di congestionamento;
e) aree con destinazioni produttive o terziarie dismesse, parzialmente
utilizzate o degradate, ma con forte capacità di polarizzazione urbana.
4. Il programma integrato può comprendere anche zone agricole contigue ai
perimetri urbani come definiti dagli strumenti urbanistici, escluse quelle di
pregio ambientale. Tali zone hanno destinazione per opere di
urbanizzazione, e recupero degli standards urbanistici se non disponibili
all'interno dell'ambito.
5. In tali zone possono altresì essere realizzati quegli interventi di edilizia
residenziale per fabbisogni abitativi conseguenti a ristrutturazione e-o
demolizione di edifici esistenti nell'ambito territoriale del programma
integrato che non possano trovare localizzazione nell'ambito medesimo.
6. Nei confronti dei programmi integrati sono applicabili le disposizioni
relative ai comparti edificatori di cui all'articolo 23 della legge 17 agosto
1942, n. 1150, con la disciplina prevista agli articoli 22 e 23 della legge
regionale 28 luglio 1978, n. 35”.
Ora, circa la finalità e il contenuto essenziale del PRINT, va
osservato che il Piano dispone (art. 14, comma 1) che esso “ha
la finalità di sollecitare, coordinare e integrare soggetti,
finanziamenti, interventi pubblici e privati, diretti e indiretti. Il
Programma integrato prevede, di norma, incentivi di tipo
urbanistico, finanziario e fiscale, volti a favorire l’integrazione
degli interventi, la qualità urbana e ambientale, e il
finanziamento privato di opere pubbliche”. Questa previsione -
nonostante alcune variazioni terminologiche - si armonizza
bene, ad avviso del collegio, sia con la richiamata disposizione
della legge statale, la quale stabilisce (all’art. 16, comma 1, L.
179/92), che questo strumento “è caratterizzato dalla presenza
di pluralità di funzioni, dalla integrazione di diverse tipologie di
intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, da una
dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana e dal
possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubblici
e privati”; sia con quella della L.R. 22/97, che parla di “una più
razionale utilizzazione e riorganizzazione del territorio della
Regione, ed in particolare del patrimonio edilizio e delle
infrastrutture in esso presenti” (art. 1, comma 1) e configura un
“progetto operativo complesso, di interesse pubblico, con
rilevante valenza urbanistica ed edilizia [...] caratterizzato dalla
presenza di pluralità di funzioni, dall'integrazione di diverse
tipologie, ivi comprese le opere di urbanizzazione e le
infrastrutture necessarie per assicurare la completezza e la piena
funzionalità dell'intervento stesso, e da dimensioni tali da
incidere sulla riorganizzazione del tessuto urbano” (art. 2,
comma 1).
In altri termini, la polifunzionalità dello strumento, la pluralità di
interventi pubblici e privati che esso consente di coordinare sia
sotto il profilo urbanistico sia sotto quello finanziario, la
dimensione degli interventi stessi, mirati ad una sostanziale
incidenza sulla riorganizzazione del territorio, sono dati non
contraddetti dalla previsione del primo comma dell’art. 14 delle
N.T.A., e che trovano riscontro nella disciplina risultante dalle
altre norme che toccano l’istituto, tra cui le specifiche norme
dell’art. 50 - che in questa sede non viene direttamente in rilievo
- e dell’art. 53.
Questo dato fondamentale già consente di escludere che il
PRINT previsto dal piano sia qualcosa di eterogeneo rispetto
all’istituto disciplinato dalla legislazione statale e regionale.
Le finalità e la portata contenutistica del PRINT sono poi
ulteriormente specificate dall’art. 14, comma 3 delle N.T.A.,
secondo il quale esso si applica:
“a) all’intero Sistema insediativo, e con le modalità di cui all’art. 13,
comma 3, al fine di programmare e promuovere l’applicazione degli istituti
di perequazione di cui all’art. 17, comma 2;
b) nella Città storica, al fine di coordinare, anche mediante incentivi, gli
interventi diretti privati e la loro integrazione con interventi sugli spazi
pubblici, con particolare riguardo alle zone più degradate;
c) negli Ambiti di valorizzazione della Città storica, in alternativa al
Piano di recupero e al Progetto urbano, per le finalità indicate dalla
specifica disciplina;
d) nei Tessuti della Città consolidata, al fine di ristrutturare impianti
urbani disomogenei e incompiuti, favorendo, mediante incentivi urbanistici,
il diradamento o trasferimento delle costruzioni e il reperimento di aree per
servizi pubblici;
e) nei Tessuti della Città da ristrutturare, al fine di migliorare la qualitÃ
urbana e la dotazione di infrastrutture e servizi pubblici, mediante incentivi
urbanistici e il concorso privato nel finanziamento di opere pubbliche;
f) negli Ambiti di programmazione strategica, in alternativa al Progetto
urbano, al fine di coordinare, in ambiti particolari, le previsioni del
Programma triennale opere pubbliche con interventi privati di recupero e
valorizzazione;
g) nelle Centralità locali, in alternativa al Progetto unitario o al Progetto
urbano, al fine di definire l’assetto urbanistico di tali ambiti;
h) nelle aree a Servizi pubblici, al fine di acquisirne in modo coordinato la
pubblica disponibilità , anche mediante la cessione compensativa di cui
all’art. 22;
i) nell’Agro romano, al fine di promuovere interventi integrati di
riqualificazione ambientale, valorizzazione dei beni culturali, promozione
di turismo rurale;
j) nelle aree della Rete ecologica, al fine di promuovere, coordinare,
indirizzare, anche dal punto di vista progettuale, gli interventi di cui all’art.
10, in ambiti vasti e su più componenti di PRG, tra loro integrate;
k) con la finalità di cui all’art. 12, comma 7, con particolare riguardo a
quei settori urbani in cui siano compresenti diversi Tessuti della Città da
ristrutturare e diversi Nuclei di edilizia ex abusiva, che necessitino di una
organizzazione complessiva, soprattutto in tema di mobilità locale e di
localizzazione di servizi comuni.”
Ora, l’art. 2, commi 3, 4 e 5 della L. R. n. 22/97 così disciplina il
contenuto dei Programmi in questione:
“3. Fermo restando quanto indicato al comma 1, il programma integrato
riguarda essenzialmente:
a) aree interne e contigue ai perimetri urbani come definiti dagli strumenti
urbanistici al cui interno siano presenti aree degradate in tutto o in parte
edificate e si riscontrino carenze di strutture e di servizi;
b) centri minori oggetto di sensibili sviluppi insediativi con servizi
inadeguati;
c) nuclei di urbanizzazione rada e diffusa, privi di servizi ed elementi
infrastrutturali, nonché di una specifica identità urbanistica;
d) parti di centri urbani con forti fenomeni di congestionamento;
e) aree con destinazioni produttive o terziarie dismesse, parzialmente
utilizzate o degradate, ma con forte capacità di polarizzazione urbana.
4. Il programma integrato può comprendere anche zone agricole contigue ai
perimetri urbani come definiti dagli strumenti urbanistici, escluse quelle di
pregio ambientale. Tali zone hanno destinazione per opere di
urbanizzazione, e recupero degli standards urbanistici se non disponibili
all'interno dell'ambito.
5. In tali zone possono altresì essere realizzati quegli interventi di edilizia
residenziale per fabbisogni abitativi conseguenti a ristrutturazione e-o
demolizione di edifici esistenti nell'ambito territoriale del programma
integrato che non possano trovare localizzazione nell'ambito medesimo”.
In buona sostanza, l’elencazione contenuta nel piano regolatore
può essere interpretata, in via generale, in maniera del tutto
compatibile con quella della fonte regionale, avuto riguardo:
- alla definizione fondamentale dell’istituto;
- alla natura degli elementi della elencazione “essenziale”
contenuta nella fonte regionale;
- al fatto che quest’ultima non esclude la compresenza di altri
elementi, come ad esempio la finalità perequativa, tollerabile
sotto questo profilo perché non snatura ed anzi valorizza
l’essenza e le finalità dell’istituto (l’art. 2, comma 3, della L.R. n.
22/1997 dispone infatti: “Fermo restando quanto indicato al
comma 1, il programma integrato riguarda essenzialmente...”).
Per quanto attiene poi, specificamente, alla situazione
prospettata dal ricorrente, che attiene alla “Città da
ristrutturare”, l’art. 14, comma 3, delle N.T.A. fa riferimento allo
scopo “di migliorare la qualità urbana e la dotazione di
infrastrutture e servizi pubblici, mediante incentivi urbanistici e
il concorso privato nel finanziamento di opere pubbliche”; e il
successivo art. 53, comma 1, parimenti dispone che i PRINT
“sono finalizzati al miglioramento della qualità urbana
dell’insediamento e, in particolare, all’adeguamento e
all’integrazione della viabilità e dei servizi, mediante il concorso
di risorse private”. Ne emerge ancora più chiaramente la
compatibilità del PRINT con le summenzionate previsioni
statali e regionali.
Quindi, per concludere sul punto, il Collegio ritiene infondate le
censure della ricorrente attinenti alla violazione dei principi di
legalità e tipicità : non si tratta di un potere implicito, atipico o
innominato, bensì dell’articolazione, a livello dell’autonomia
normativa spettante all’ente locale, di uno strumento giÃ
previsto dall’ordinamento.
I.4. Una volta acclarata la fondamentale riconducibilità del
PRINT al tipo normativo, occorre esaminare gli specifici profili
di illegittimità prospettati da parte ricorrente.
I.4.1 Il primo di essi attiene al fatto che l’art. 14, comma 2, delle
N.T.A. affida il Programma Integrato all’iniziativa pubblica,
fatto salvo l’intervento sostitutivo dei proprietari solo in caso di
inerzia del Comune, il che - secondo il ricorrente -
contrasterebbe con le previsioni dell’art. 16, comma 2 della L. n.
179/1992 e dell’art.2, comma 3, della L.R. Lazio n. 22/1997,
che consentono la presentazione del programma
alternativamente a iniziativa del Comune o direttamente dai
privati.
La censura è infondata.
L’art. 16, comma 2, della L. n. 179/1992 consente ai “soggetti
pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati fra di
loro” di “presentare al comune programmi integrati relativi a zone in tutto
o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione al fine della
loro riqualificazione urbana ed ambientale”; mentre l’art. 2, comma 3,
della L.R. 26 giugno 1997, n. 22, stabilisce che la “realizzazione”
del programma “può avvenire anche attraverso la compartecipazione di
soggetti pubblici e-o privati, con rispettivi apporti di risorse finanziarie”, e
il successivo articolo 3, comma 1, dispone che “i programmi
integrati possono essere redatti direttamente dal Comune, ovvero presentati
presso il Comune competente da soggetti pubblici e-o privati, singolarmente
ovvero consorziati od associati tra di loro”.
Ora, la disciplina comunale è del tutto compatibile con queste
disposizioni. Infatti, il Piano riserva al Comune la decisione di
attivare lo strumento, in conformità con l’art. 16 della L. n.
179/1992, secondo la quale “i Comuni promuovono la formazione di
Programmi integrati”. In questo senso l’art. 14, comma 2 delle
N.T.A. prevede che “il Programma integrato è di iniziativa pubblica”,
facendo comunque salvo - e questo dato è importante -
l’intervento sostitutivo dei proprietari ai sensi del precedente art.
13, comma 6. Questa iniziativa rappresenta solo l’avvio del
procedimento, che ai sensi dell’art. 14, comma 4, si esplica “di
norma” con una procedura che muove dalla formazione “di un
Programma preliminare che definisca: obiettivi, incentivi,
indirizzi per la definizione degli interventi privati, anche sotto
forma di piano preliminare di assetto; interventi pubblici
prioritari; finanziamenti pubblici disponibili o attivabili”, con la
pubblicazione dello stesso “mediante avviso o bando pubblico,
che definisca i termini e le modalità di presentazione delle
proposte d’intervento”.
Questa procedimentalizzazione è conforme alle previsioni
suindicate e ai principi generali dell’azione amministrativa. Essa
consente infatti:
- di mantenere in capo all’Amministrazione la responsabilitÃ
programmatoria globale nel contesto di una visione sistemica e
complessiva delle esigenze del territorio;
- di lasciare in capo ai privati il momento della presentazione
delle vere e proprie proposte di intervento, le quali vengono poi
valutate anche in un contesto negoziale, tenendo presente anche
il criterio dell’evidenza pubblica.
Inoltre essa fa doverosamente salva l’aspettativa dei privati non
solo prevedendo (art. 13, comma 6) l’intervento sostitutivo dei
proprietari che rappresentino la maggioranza assoluta del valore
catastale degli immobili interessati in caso di inerzia del Comune
rispetto ai termini stabiliti nell’atto di programmazione iniziale,
ma si riferisce anche – con l’impiego del “di norma” nel
contesto del comma 4 dell’articolo 14 – alla possibile esistenza
di situazioni in cui il potere di attivazione della procedura venga
sollecitato dai privati in forme non preventivabili “a priori”, e
tuttavia suscettibili di essere prese in considerazione, e di far
sorgere un ragionevole affidamento del privato, quantomeno in
ordine a una presa di posizione dell’Amministrazione, la quale
non potrebbe certo nascondersi dietro un atteggiamento di
mera immotivata inerzia (del resto, una diversa e ancora più
articolata scansione procedimentale, che dà ancora più spazio al
ruolo dei privati, è disegnata dall’art. 53, comma 5, per i PRINT
nella “Città da ristrutturare”, che consente ai privati di
presentare - a certe condizioni e previa autorizzazione dei
Municipi - la stessa proposta di Programma preliminare, e
comunque proposte di intervento che in certi casi possono, se
ritenute di notevole interesse pubblico e di rilevanza urbanistica,
essere approvate indipendentemente dal decorso della
procedura di formazione del PRINT).
Dette considerazioni consentono di superare anche la censura
relativa alla previsione del programma preliminare, il quale in
questo contesto - con ogni evidenza - non ha valore di
autonomo atto e rappresenta solamente un momento della fase
di iniziativa – promozione del PRINT, la quale sfocia nel
relativo bando.
Analoga infondatezza, alla luce dell’esigenza di articolare un
procedimento che tenga conto di tutti gli interessi, anche di
carattere collettivo, che vengono in evidenza nella specie, riveste
la censura relativa all’art. 13, comma 9, delle N.T.A. del
N.P.R.G., che prevede che tutti gli interventi indiretti siano
“sottoposti, dalla loro fase preliminare fino alla definizione, ad una
procedura d’informazione e consultazione della cittadinanza, disciplinata
con Regolamento comunale”; ciò anche in quanto l’ente locale,
nell’ambito della propria autonomia, è libero di introdurre
istituti partecipativi che vadano anche al di là delle previsioni
minime della L. n. 241/90 (vedi l’art. 8 del D.L. n. 267/2000 e,
da ultimo, esplicitamente, l’art. 29, comma 2-quater, della L. n.
241/1990: “Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti
amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori
a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali
delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli
ulteriori di tutela”).
I.4.2. Da ultimo, il Collegio ritiene infondata anche la censura
che considera sufficiente allo scopo la presenza,
nell’ordinamento, dello strumento del Piano di recupero di cui
alla richiamata Legge n. 457/1978, attesa anche la classificazione
delle aree comprese negli ambiti per Programmi Integrati nella
Città da ristrutturare quali “Zone di recupero del patrimonio
edilizio esistente” ai sensi dell’art. 53, comma 2, delle N.T.A. del
Nuovo P.R.G..
Infatti, da un lato è noto che il PRINT rientra tra gli strumenti
urbanistici diretti a scopi che, occorre ribadirlo, vanno assai oltre
la semplice esigenza del recupero (Consiglio di Stato, sez. IV, 22
giugno 2006, n. 3889; TAR Lazio, sez. I, 11 marzo 1998, n.
1000; TAR Lazio, sez. II – bis, 24 luglio 2003, n. 6630);
dall’altro, va precisato che la classificazione cui fa riferimento
l’art. 53, comma 2 delle N.T.A. deve ragionevolmente essere
intesa restrittivamente, ossia come riferita al solo caso in cui il
programma integrato individui al suo interno eventuali sub-
ambiti da sottoporre al Piano di recupero (art. 53, comma 10).
I.4.3 Non può, infine, essere presa in considerazione, in quanto
prospettata in forma estremamente stringata in una semplice
nota di udienza, l’eccezione di illegittimità costituzionale
formulata dal ricorrente in ordine all’art. 16, commi 1 e 2 della
L. n. 179/1992 e agli artt. 1,2 e 4 dellaL.R. n. 22/1997 per
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. (ragionevolezza della legge,
buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa) e con
gli artt. 41 Cost. (libertà di iniziativa economica privata) e 42,
comma 2, Cost. (proprietà ).
L. Il quarto motivo di ricorso è volto a contestare il modo con
cui il PRG, in generale, e poi anche con specifico riferimento
alle aree nelle quali si fa ricorso allo strumento del Programma
integrato di intervento, provvede all’attuazione del criterio della
perequazione urbanistica.
La censura muove dalla considerazione dell’art 17 della N.T.A.,
il quale così dispone:
“Art.17. Criteri di perequazione
1. Il PRG introduce, quale disciplina di principio, la necessità di ripartire
le previsioni edificatorie, tra aree e tra soggetti, secondo principi di equità e
di uniformità , tenendo conto: della disciplina urbanistica pre-vigente;
dell’edificazione esistente legittima; del perseguimento di obiettivi di interesse
pubblico o generale.
2. Sulla base dei fattori suddetti, il PRG individua le seguenti fattispecie di
perequazione urbanistica e finanziaria:
a) Ambiti di compensazione, di cui all’art. 18: nel Sistema
insediativo di nuovo impianto, la quota maggioritaria della SUL
aggiuntiva è messa a disposizione del Comune, che la utilizza per finalitÃ
di interesse pubblico (riqualificazione urbana, tutela ambientale, edilizia
con finalità sociali, servizi di livello urbano);
b) Contributo straordinario, di cui all’art. 20: nel Sistema insediativo
esistente, la quota maggioritaria delle principali valorizzazioni immobiliari
generate dalle nuove previsioni urbanistiche è soggetta alla corresponsione di
un contributo finanziario straordinario, che il Comune utilizza
per il finanziamento di opere e servizi pubblici in ambiti urbani degradati,
con finalità di riqualificazione urbana;
c) Compensazioni urbanistiche, di cui all’art. 19: la capacità edificatoria
dei comprensori urbanistici soppressi dal “Piano delle certezze”, se
contrastanti con esigenze di tutela ambientale non già imposte da vincoli
sovraordinati, è trasferita negli Ambiti di compensazione di cui alla lett. a);
d) Incentivi per il rinnovo edilizio, di cui all’art. 21: gli interventi di
rinnovo del patrimonio edilizio degradato possono beneficiare di incentivi
urbanistici, trasferibili negli Ambiti di compensazione di cui alla lett. a);
e) Cessione compensativa, di cui all’art. 22: le aree a
destinazione pubblica, in specifici ambiti e per finalità di
riqualificazione urbana, possono essere acquisite tramite
la concessione ai proprietari di previsioni edificatorie da
localizzare in situ o trasferibili negli Ambiti di
compensazione di cui alla lett. a).
3. L’edificabilità aggiuntiva acquisibile dai proprietari con le modalità di
cui al comma 2, lett. a), b), d), e), costituisce incentivo urbanistico definito
in ragione e misura del conseguimento degli obiettivi urbanistici ivi indicati.
4. L’applicazione, anche combinata, delle modalità di perequazione di cui
al comma 2 e l’accesso agli incentivi o compensazioni ivi previsti, avviene
mediante procedimento consensuale di evidenza pubblica,
a carattere concorsuale, nelle forme del Programma integrato, di cui
all’art.14, e in coerenza con le norme statali in materia di partecipazione
al procedimento amministrativo; esperito con esito negativo o insufficiente
tale procedimento, il Comune ha facoltà di conseguire i medesimi obiettivi,
secondo priorità , con il ricorso a procedimenti e istituti autoritativi previsti
dall’Ordinamento statale o regionale.
5. Ai fini dell’applicazione dei criteri di cui al comma 1 e degli istituti di
cui al comma 2, il PRG distingue tra previsioni edificatorie esercitabili in
situ e quelle da trasferire in altre aree, nonché, sulla stessa area, tra
previsioni edificatorie attribuite ai proprietari o riservate al Comune ovvero
tra previsioni edificatorie attuabili per intervento diretto o indiretto.
6. Fatti salvi i criteri di attribuzione differenziata delle previsioni
edificatorie, derivanti dai principi di cui al comma 1, il PRG garantisce ai
proprietari interessati dagli strumenti urbanistici esecutivi l’equa
ripartizione delle previsioni edificatorie, indipendentemente dalle specifiche
destinazioni assegnate alle singole aree e proporzionalmente alla quota di
superficie in proprietà . Indipendentemente dai criteri e modalità di
attribuzione delle previsioni edificatorie, il PRG garantisce la ripartizione
degli oneri da assumere nei confronti dell’Amministrazione in proporzione
alle stesse previsioni edificatorie assegnate, distinguendo tra previsioni
edificatorie ordinarie, cui corrispondono oneri ordinari, e previsioni
edificatorie aggiuntive cui corrispondono oneri
straordinari.
7. I criteri, le modalità e le procedure di perequazione in precedenza
indicate si attuano nei limiti e secondo le disposizioni particolareggiate
dettate negli articoli seguenti”.
In particolare, tra gli ambiti di compensazione di cui all’art. 18
(cui fa riferimento il summenzionato art. 17, comma 2, lettera
a), sono ricompresi gli “Ambiti per i programmi integrati nella
Città da ristrutturare”, di cui all’art. 53, dei quali si controverte
nel presente giudizio.
In generale, in detti ambiti il PRG “distingue tra previsioni
edificatorie attribuite ai proprietari, quantificate sulla base della
disciplina urbanistica pre-vigente, e quelle riservate al
Comune...” (art. 18, comma 2).
Mentre l’art. 53, comma 11, delle N.T.A. dispone così:
“11. Salvo indicazioni più restrittive del Programma preliminare motivate
da ragioni di sostenibilità urbanistica e ambientale, e in deroga a quanto
previsto dall’art. 52 per gli interventi diretti, le aree comprese nei Tessuti di
cui all’art. 52 esprimono i seguenti indici di edificabilità , articolati in base
alle destinazioni del precedente PRG e tenendo conto degli indici per
intervento diretto di cui all’art. 52:
a) aree già destinate a edificazione privata a media o alta densità (ex zone
E1, E2, F, L, M2): 0,6 mq/mq, di cui 0,3 mq/mq soggetto al
contributo straordinario di cui all’art. 20;
b) aree già destinate a edificazione privata a bassa densità (ex zone G3,
G4) o a servizi pubblici (ex zone M1, M3): 0,3 mq/mq, di cui 0,1
mq/mq a disposizione dei proprietari, 0,1 mq/mq a disposizione dei
proprietari ma soggetto a contributo straordinario, 0,1 mq/mq a
disposizione del Comune ai sensi dell’art. 18;
c) aree già non edificabili (ex zone H, N; viabilità e parcheggi; zone
sprovviste di pianificazione urbanistica, ai sensi dell’art. 9, comma 1,
DPR 380/2001): 0,3 mq/mq, di cui 0,06 mq/mq a disposizione dei
proprietari; 0,06 mq/mq a disposizione dei proprietari ma soggetto a
contributo straordinario; 0,18 mq/mq a disposizione del Comune ai sensi
dell’art. 18”.
L’area della ricorrente, in quanto ex Zona H, rientra proprio
nella fattispecie di cui alla lettera c): vi si esprime un indice di 0,3
mq/mq, di cui:
- 0,18 mq/mq sono soggetti a cessione gratuita al Comune;
- 0, 06 mq/mq resta a disposizione dei proprietari ma è soggetto
a contributo straordinario;
- i rimanenti 0,06 mq/mq sono in piena disponibilità dei
proprietari.
Secondo la ricorrente, la riserva a titolo gratuito di una
consistente quota parte dell’edificabilità di un’area privata a
favore del Comune sarebbe palesemente illegittima per
violazione dell’art. 7 della L. n. 1150/1942 e dei principi generali
in materia urbanistica in relazione all’art. 42 della Costituzione.
Ciò in quanto:
a) il diritto a edificare continua a inerire alla proprietà ; pertanto
non è sufficiente far salva la misura dell’edificabilità storica, data
per acquisita, e considerare invece come parzialmente acquisibile
dal Comune la quota di edificabilità attribuita con il nuovo
piano: se una determinata area esprime una certa edificabilità in
base allo strumento urbanistico attualmente vigente, essa spetta
tutta al privato secondo la legge e la Costituzione;
b) il meccanismo adottato dal Comune è privo di copertura
legislativa nazionale di carattere generale;
c) le previsioni di cui all’art. 1, commi 258 e 259, della legge n.
244/2007, che introducono un meccanismo simile, non sono
comunque applicabili, soprattutto per ragioni sostanziali di
contenuto e di ambito applicativo; e ove lo fossero, andrebbero
comunque considerate incostituzionali.
L.1 La difesa del Comune richiama il fondamentale ruolo degli
ambiti di compensazione nel contesto delle strategie perequative
cui il piano è ispirato.
L.1.1 In primo luogo essa eccepisce la carenza di interesse della
ricorrente, perché si tratta di una situazione nella quale il
proprietario ha l’alternativa fra accogliere la sollecitazione alla
cessione gratuita di aree in cambio di edificabilità , ovvero
attendere che l’amministrazione proceda in via autoritativa
(espropriazione), secondo le priorità degli obiettivi pubblici da
realizzare.
L’eccezione è infondata.
In questa sede viene infatti in rilievo quantomeno un interesse
strumentale, che è radicato nella contraddizione tra il
riconoscimento di una certa quota di edificabilità di principio
(con un certo affidamento in capo al privato in ordine alla
praticabilità di tale quota nell’attuale momento, oltre la quota
storicamente riconosciuta), e la contestuale parziale avocazione
della stessa alla mano pubblica: interesse strumentale che si
esplica nella pretesa a una riconsiderazione della situazione
urbanistica dell’area, che potrebbe - in ipotesi - condurre a un
assetto anche più vantaggioso per l’interessato.
L.2. Nel merito, la difesa dell’Amministrazione si fonda (in
sintesi) sui seguenti argomenti:
a) negli ambiti di compensazione, a fronte di incentivi attribuiti
ai proprietari, che si concretano in ulteriore capacità edificatoria,
si genera una quota di edificabilità a disposizione del Comune,
che la utilizza per finalità di interesse pubblico, ossia nel
raggiungimento degli obiettivi di riqualificazione urbana,
manovra ambientale, riorganizzazione urbana; infatti la capacitÃ
edificatoria restituita al Comune negli ambiti in questione serve
ad attivare gli altri istituti perequativi previsti dal PRG e viene
utilizzata per la realizzazione di servizi e attrezzature di interesse
pubblico, per interventi di ERP, ma anche per allocare gli
incentivi da attribuire a soggetti terzi per compensazioni
urbanistiche (trasferimento di edificabilità da aree di pregio
ambientale), per acquisire aree da destinare a “verde e servizi
pubblici locali” in aree urbane degradate, per incentivi di
rinnovo edilizio non localizzabili “in situ”;
b) l’accesso all’istituto della cessione compensativa da parte dei
proprietari delle aree è di natura facoltativa e consensuale, e
quindi non vi è alcuna illegittima compressione del diritto di
proprietà , in quanto l’utilizzo dello strumento autoritativo è
residuale e sussidiario, e comunque prevede l’indennizzo;
c) la disciplina non intacca le precedenti previsioni edificatorie;
essa si riferisce – a differenza del caso trattato dal Consiglio di
Stato nella sentenza n. 4833/2006 richiamata dal ricorrente –
non alla quota di edificabilità totale, ma solo alla quota di
edificabilità aggiuntiva riconosciuta dal piano;
d) le previsioni dell’art. 1, commi 258 e 259, della L. n.
244/2007, recepite poi dall’art. 18 della L.R. n. 21/2009, sono
applicabili alla fattispecie;
e) l’istituto si inserisce in un disegno perequativo coerente e
valorizza gli sviluppi recenti nella direzione dei modelli di
urbanistica consensuale;
f) occorre aver riguardo all’accrescimento del ruolo dei Comuni
dopo la riforma del titolo V della Costituzione.
L.3 La questione posta con la censura in esame è assai delicata.
Ricollegandosi a quanto sopra affermato al punto G, il Collegio
non può che prendere atto della centralità della cessione
compensativa nell’architettura del complesso sistema di
perequazione/compensazione posto in essere con il Nuovo
Piano Regolatore.
Neppure si intende entrare, in questa sede, nei complessi
dibattiti che attengono sia alla scienza urbanistica sia all’ambito
delle scelte rientranti nel circuito dell’indirizzo politico-
amministrativo: dibattiti che oscillano tra la presa d’atto di
un’evoluzione inarrestabile verso i modelli di tipo perequativo-
consensuale, unita alla considerazione dei vantaggi che essi
offrono sotto vari profili, da un lato, e i dubbi che possono
riguardare l’efficienza (anche economica) dei meccanismi
applicativi, come pure la stessa praticabilità di una perequazione
effettiva in contesti già urbanizzati, dall’altro.
Sotto il profilo giuridico, va riconosciuto che le tecniche
perequative e compensative, nonché consensuali, hanno giÃ
ricevuto, in generale, significativi avalli giurisprudenziali (cfr. tra
le altre Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2006 n. 2258; TAR
Emilia Romagna Bologna, sez. I, 19 dicembre 2001, n. 1286;
TAR Veneto, sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504).
Non è qui necessario affrontare, allo stato, il complesso e
delicato problema - che pure sussiste - della conformità agli artt.
3, 41 e 42 della Costituzione, nonché al Trattato UE, degli
strumenti perequativi: questi, nella misura in cui non siano
inseriti in una adeguata logica programmatoria e pianificatoria
del territorio, rimanendo estranei alle garanzie legali
previste per i provvedimenti di conformazione dell’attivitÃ
edificatoria privata, potrebbero palesare profili di
problematicità , in relazione a forme di compressione dei
diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica che
non risponderebbero sempre a effettive e proporzionate
ragioni di interesse pubblico (alle quali fa riferimento
anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea).
Per quanto qui interessa, è sufficiente rimanere fermi ai temi
della legalità e dello statuto della proprietà , in relazione allo
specifico meccanismo che è oggetto della censura in esame.
Anche sotto questo profilo, il Collegio non ritiene di dover
accedere a prospettazioni radicali, le quali neghino del tutto
l’influenza dell’evoluzione della prassi nella configurazione degli
istituti attinenti alla proprietà e ai rapporti reali (evoluzione che
per esempio si riscontra con riferimento alla cd. “cessione di
volumetria”).
E’ sufficiente, piuttosto, rilevare che lo strumento adottato dal
Comune di Roma, con riferimento agli ambiti di
compensazione, configura una forma di espressa
sottrazione ai proprietari della parte maggioritaria della
quota di edificabilità aggiuntiva agli stessi riconosciuta. E
questo - si badi bene - non come esito di una
negoziazione: la quota riservata alla mano pubblica è
stabilita “a priori” dal piano, il quale dapprima la
quantifica con precisione, facendo salve le indicazioni del
Programma preliminare solo in senso più restrittivo, e
conseguentemente stabilisce a carico dei proprietari degli
Ambiti di compensazione (art. 18, comma 4 delle N.T.A.)
un puntuale obbligo - una volta approvato lo strumento
urbanistico esecutivo - di cedere al Comune, o a soggetti
terzi dallo stesso individuati, la superficie fondiaria
corrispondente alle previsioni edificatorie riservate al
Comune medesimo.
Ora, è fondamentale osservare al riguardo:
a) che questo meccanismo va ben oltre le classiche forme di
perequazione “di comparto”, già presenti nell’ordinamento, in
quanto esso è strutturato in maniera tale da essere finalizzato a
un’impostazione perequativa cd. “allargata”;
b) che l’obbligo di cessione così introdotto va oltre le classiche
obbligazioni richiamate nell’art. 13, comma 13 delle N.T.A.,
riguardanti la cessione di aree destinate a opere di
urbanizzazione primaria e secondaria e simili;
c) che esso è vincolante, essendo previsto dalle N.T.A., che
hanno valore normativo;
d) infatti, se è vero che si tratta di un meccanismo incentivante
offerto al consenso del privato, che comunque può rifiutare (e in
tal caso resta percorribile per l’Amministrazione la strada del
ricorso ai poteri autoritativi), è pur vero che ciò costituisce in
realtà un ulteriore indice del carattere sostanzialmente non
negoziato dello stesso: infatti il privato, se intende accedere
alla maggiorazione dell’edificabilità riconosciuta dal
piano, non può sottrarsi a questa contestuale ablazione
stabilita con una vera e propria norma vincolante “ex ante”
in via generale; rilievo, questo, che consente al Collegio di
prescindere dalla complessa questione dei limiti entro i
quali la consensualità possa consentire il superamento del
principio di legalità (questione che - nonostante la tesi
favorevole di autorevolissima dottrina - rimane tuttora
controversa, sotto alcuni profili, anche in giurisprudenza: vedi
Cass., sez. un., 24 giugno 1992, n. 7773 e Cass., sez. I, 13 luglio
2001, n. 9524; Consiglio di Stato, sez. V, 29 settembre 1999, n.
1209).
In buona sostanza si ha, in tal modo, l’attribuzione al
proprietario di una nuova quota di edificabilità con una
contestuale - e sostanzialmente unilaterale - sottrazione
parziale della stessa: fenomeno che non è conforme alla
legislazione vigente, letta alla luce dei principi costituzionali in
materia di proprietà e di legalità dell’azione amministrativa.
Nella legislazione nazionale e nella legislazione della Regione
Lazio esistono infatti il potere conformativo e il potere
espropriativo, ma non esiste, in via generale, l’ibrido costituito
dal meccanismo in esame (salva la questione delle normative
speciali recentemente introdotte, delle quali si tratterà più avanti
al punto L.4).
Analogamente il Consiglio di Stato, sia pure con riferimento a
una fattispecie non esattamente coincidente, ha autorevolmente
affermato che non è dato rinvenire alcuna disciplina, di
fonte legislativa, che autorizzi una riserva di proprietÃ
fondiaria alla mano pubblica in assenza di specifica
normativa primaria e al di fuori delle garanzie previste in
proposito dall'art. 42 della Carta costituzionale (sez. IV, 21
agosto 2006, n. 4833).
L.4 Ciò posto, occorre verificare se - in mancanza sia di
un’apposita legge statale sullo statuto della proprietà edilizia sia
di un’organica disciplina regionale generale sulla perequazione -
il ruolo di supporto normativo della previsione di piano
contestata in questa sede possa essere svolto da alcune
specifiche disposizioni di legge recentemente introdotte sia nella
legislazione statale sia in quella regionale.
L.4.1. Vengono anzitutto in rilievo le disposizioni contenute
nell’art. 1, commi 258 e 259 della L. n. 244/2007:
“258. Fino alla definizione della riforma organica del governo del
territorio, in aggiunta alle aree necessarie per le superfici minime di spazi
pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di
cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e
alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti
la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei
proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a
edilizia residenziale sociale, in rapporto al fabbisogno locale e in relazione
all'entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti è possibile
prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato,
concordato e sociale.
259. Ai fini dell'attuazione di interventi finalizzati alla realizzazione di
edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di
riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti, il comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti
urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale nei limiti di
incremento massimi della capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui
al comma 258.”.
La materia è stata ripresa anche dall’art. 18 della Legge regionale
n. 21 del 2009, che sviluppa tali previsioni, così disponendo:
“1. Fatto salvo quanto disciplinato dalle norme di attuazione degli
strumenti urbanistici vigenti, al fine di soddisfare il fabbisogno di alloggi
sociali ed evitarne la concentrazione in circoscritti ambiti urbani, negli
strumenti urbanistici generali di nuova formazione e nei relativi strumenti
attuativi, nonché nelle varianti generali di nuova formazione, alle aree
necessarie per la dotazione degli standard urbanistici di cui al decreto del
Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 sono aggiunte le aree o
immobili per la realizzazione degli interventi di edilizia residenziale
sociale, in applicazione dell' articolo 1, commi 258 e 259, della l.
244/2007 da cedere gratuitamente da parte dei proprietari singoli o in
forma consortile o associata, all'amministrazione comunale.
2. In relazione al tipo di intervento urbanistico, la cessione gratuita di cui
al comma 1 riguarda prevalentemente le zone C del decreto del Ministro per
i lavori pubblici 2 aprile 1968 ricomprese nei piani urbanistici attuativi.
3. Nei casi di cui al comma 1 la cessione delle aree per l'edilizia
residenziale sociale è determinata nella misura minima del 20 per cento
dell'area fondiaria edificabile, fatte salve le cessioni complessive per gli
standard urbanistici. I comuni, al fine di soddisfare il fabbisogno di edilizia
residenziale sociale, possono incrementare tale percentuale.
4. Per la realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo
urbanistico ed edilizio, di miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti, la percentuale di cui al comma 3 è elevata al 50 per cento,
limitatamente alla edificabilità aggiunta generata dallo strumento
urbanistico generale rispetto alle previgenti previsioni. Sono fatte salve le
maggiori percentuali previste dagli strumenti urbanistici generali giÃ
approvati alla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Nell'ambito delle percentuali di area fondiaria edificabile destinate
all'edilizia residenziale sociale indicate nei commi 3 e 4, i comuni riservano
almeno la metà delle stesse alla realizzazione di interventi di edilizia
residenziale sovvenzionata.
6. Nell'ambito degli strumenti urbanistici di cui al comma 1, gli standard
di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 devono
essere dimensionati con riferimento al numero di abitanti previsti, ivi
compresi quelli derivanti dalla quota per l'edilizia residenziale sociale.
7. Fatta salva la cessione gratuita delle aree di cui al presente articolo, ai
fini della realizzazione degli interventi di edilizia residenziale sociale, il
comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici,
consentire un aumento di volumetria premiale pari alla capacità edificatoria
delle aree fondiarie cedute per l'edilizia residenziale sociale e stabilire oneri
straordinari in relazione all'incremento del valore immobiliare. Il comune
può, con procedure ad evidenza pubblica, assegnare quota-parte delle aree
acquisite, destinandole ad edilizia libera residenziale destinata ad affitti a
canone concordato o alle altre forma stabilite dalle vigenti disposizioni in
materia di edilizia residenziale pubblica e sociale”.
Ad avviso del Collegio, va anzitutto evidenziato - a parte ogni
altra possibile considerazione - che:
a) la disposizione di cui al comma 258 riguarda esclusivamente
le esigenze di edilizia residenziale sociale, e quindi non
appare in grado di coprire l’intera gamma delle finalitÃ
pubbliche indicate in maniera indifferenziata nell’art. 18, comma
3, delle N.T.A.;
b) la disposizione di cui al comma 259 attiene alla possibilità di
un aumento di volumetria premiale, e non contiene alcuna
disciplina del fenomeno dell’avocazione al Comune di una quota
della edificabilità riconosciuta ai privati;
c) lo stesso va detto delle previsioni contenute nell’art. 18 della
L.R. n. 21/2009, nella misura in cui esse attengono
all’attuazione della normativa statale.
Per quanto concerne invece, in particolare, il comma 4 del
medesimo articolo 18, è vero che esso dispone che “per la
realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed
edilizio, di miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, la
percentuale di cui al comma 3 è elevata al 50 per cento, limitatamente alla
edificabilità aggiunta generata dallo strumento urbanistico generale rispetto
alle previgenti previsioni. Sono fatte salve le maggiori percentuali previste
dagli strumenti urbanistici generali già approvati alla data di entrata in
vigore della presente legge”.
E tuttavia questa previsione va interpretata nel contesto delle
citate fonti primarie e delle altre disposizioni dello stesso
articolo, finalizzate principalmente ed essenzialmente al campo
dell’edilizia residenziale sociale. In questo contesto, la previsione
consente di modulare la percentuale della edificabilità nel caso
in cui all’esigenza residenziale sociale, che costituisce l’oggetto
principale della normativa in questione, si aggiungano il “rinnovo
urbanistico ed edilizio” e il “miglioramento della qualità ambientale degli
insediamenti”.
E’ agevole rilevare, quindi, che l’impostazione del Nuovo Piano
Regolatore non fa salva questa connessione, e comunque
prevede anche ulteriori finalità distintamente perseguibili (come
la destinazione a compensazioni urbanistiche ex art. 19 N.T.A.,
o a incentivi per la cessione compensativa con riferimento alle
aree destinate a servizi pubblici).
L.4.2 Un’altra disposizione recente si rinviene nel D.L. 25
giugno 2008, n. 112, conv. con modif. dalla L. 6 agosto 2008, n.
133, il quale, nel contesto della previsione di interventi volti a
incrementare l’offerta di abitazioni di edilizia residenziale,
prevede la possibilità del “trasferimento di diritti edificatori in favore
dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo” (art.
11, comma 5, lettera a); nonché della “cessione, in tutto o in parte,
dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unita'
abitative di proprieta' pubblica da destinare alla locazione a canone
agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie
sociali svantaggiate di cui al comma 2 (art. 11, comma 5 lettera c)”.
Al riguardo, è sufficiente osservare:
a) che detti interventi si effettuano tramite accordi di
programma;
b) che la scarna normativa in questione non può costituire la
base idonea per la previsione unilaterale, nello strumento
urbanistico comunale, dell’avocazione parziale di capacitÃ
edificatoria;
c) che comunque anche queste previsioni sono finalizzate
solamente allo sviluppo dell’edilizia residenziale.
L.4.3 Ne risulta complessivamente confermata la non idoneitÃ
delle richiamate norme speciali a fungere da fondamento e
parametro delle previsioni di piano (come attualmente
formulate).
L.5 Dalle suesposte considerazioni discende, in conclusione, la
fondatezza della censura, attesa la rilevata carenza di base
legislativa adeguata delle previsioni delle N.T.A. impugnate. Ciò
consente altresì di prescindere - per difetto di rilevanza - dalle
eccezioni di legittimità costituzionale prospettate dal ricorrente
in via subordinata in ordine alle norme speciali di cui ai punti
precedenti.
M. Il quinto motivo del ricorso è volto a contestare il combinato
disposto dell’art. 53, comma 11 e dell’art. 20 delle N.T.A. per
violazione e falsa applicazione rispettivamente degli artt. 3, 5 e 6
della L. n. 10/77 (ora art. 16 del T.U. dell’Edilizia approvato con
D.P.R. n. 380/2001), nonché della L.R. n. 35/77 e delle relative
tabelle.
In particolare:
- secondo l’art. 53, comma 11, lettera c), l’area del ricorrente, in
quanto ex Zona H, esprime un indice di 0,3 mq/mq, di cui,
mentre 0,18 mq/mq sono soggetti a cessione gratuita al
Comune (esaminata in precedenza), altri 0, 06 mq/mq restano
nella piena disponibilità della medesima, mentre i rimanenti 0,06
mq., pur attribuiti all’interessato, sono soggetti al cd.
“contributo straordinario”;
- l’art. 20 introduce il predetto contributo straordinario di
urbanizzazione, disponendo come segue:
“1. Ai sensi e per le finalità di cui all’art. 17, comma 2, lett. b), le più
rilevanti valorizzazioni immobiliari, generate dalle previsioni del presente
PRG rispetto alla disciplina urbanistica previdente, sono soggette a
contributo straordinario di urbanizzazione, commisurato a tali
valorizzazioni e posto a carico del soggetto attuatore”;
“3. [esso]...è stabilito in misura pari al 66,6% (due terzi) del valore
immobiliare conseguibile per effetto del comma 2. Tale misura può essere
incrementata in sede di definizione degli interventi indiretti, ove previsti, o
ridotta fino ad un minimo del 60%, al fine di incentivare la qualitÃ
progettuale degli interventi”.
Parte ricorrente contesta in radice la legittimità della previsione
del contributo straordinario, richiamando:
a) la giurisprudenza del giudice amministrativo e della
Corte di cassazione, dalla quale si evince che il contributo
per oneri di urbanizzazione, pur non avendo natura
tributaria, costituisce un contributo di diritto pubblico
sottoposto a un principio di rigorosa legalità , e in
particolare alla riserva di legge di cui all’art. 23 della
Costituzione;
b) la natura della disciplina vigente in materia di
contributo di costruzione, da ritenersi normativa statale
“di principio”, come si evince:
- dall’art. 1, comma 7 della L. n. 443/2001, che dispone: “Nulla
è innovato quanto all’obbligo di versare il contributo
commisurato agli oneri di urbanizzazione e al costo di
costruzione”;
- dalla soppressione del comma 12, secondo periodo, della L. n.
443/2001, la quale così disponeva: ”Le regioni a statuto
ordinario, con legge, possono individuare quali degli interventi
indicati al comma 6 sono assoggettati a concessione edilizia o ad
autorizzazione edilizia”;
- dal testo dell’art. 13, comma 8, della L. n. 166/2002, che ha
previsto che le regioni a statuto ordinario “possono ampliare o
ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni di cui al periodo
precedente”, agendo solo sull’ambito di operatività della DIA;
c) la giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’ascrivibilitÃ
dell’edilizia e dell’urbanistica al “governo del territorio”, che
rientra nella potestà concorrente (C. cost. n. 303/2003), nonché
circa il fatto che la disciplina statale in ordine alla sanzione
pecuniaria da ritardato o mancato pagamento del contributo di
costruzione (art. 42 del T.U. n. 380/2001, come modificato
dall’art. 27, comma 17 della L. n. 448/2001) rientra nell’ambito
dei principi fondamentali.
M.1 La difesa dell’Amministrazione si fonda sui seguenti
argomenti:
a) negli ambiti in cui si applica il contributo straordinario, la
quota aggiuntiva di edificabilità (o di più vantaggiose
destinazioni d’uso) che è attivabile tramite la partecipazione al
Programma integrato, ha carattere di incentivo premiale e viene
attribuita a condizione che i proprietari concorrano al
finanziamento delle opere pubbliche (infrastrutturazioni e opere
di urbanizzazione secondaria) indicate nel Programma integrato;
b) il meccanismo si attiva sempre su base volontaria mediante lo
strumento del Programma integrato;
c) in tal modo si crea una correlazione tra incentivi urbanistici e
obiettivi pubblici (art. 17, comma 3, delle N.T.A.), della quale il
contributo straordinario rappresenta il tramite e la misura;
d) coerentemente con questa impostazione, il contributo
straordinario può essere scomputato mediante la realizzazione
diretta di opere e servizi pubblici individuati ai sensi dell’art. 20,
comma 4, delle N.T.A.; e ai sensi del successivo comma 7 la
SUL aggiuntiva può essere utilizzata per il trasferimento di SUL
da altro sito, o destinata alla realizzazione e gestione a cura del
soggetto attuatore, di servizi di uso pubblico o di edilizia
residenziale in locazione a tariffe convenzionate;
e) di conseguenza il contributo è calcolato in proporzione al
valore economico dell’incentivo urbanistico; esso incide sulla
rendita fondiaria e non sul profitto immobiliare;
f) ne consegue che il contributo straordinario non è un
tributo; se - alla stregua della giurisprudenza - gli oneri di
urbanizzazione previsti dal DPR n. 380/2001 hanno natura di
corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del costruttore, o
di prestazione patrimoniale imposta, il contributo in questione
non solo non ha (a maggior ragione) natura tributaria ma, per la
modalità facoltativa e consensuale e non autoritativa con la
quale viene attuato, ha natura di mero corrispettivo di diritto
pubblico a carattere non autoritativo;
g) esso può anche essere considerato una prestazione dovuta al
fine di assicurare lo sviluppo ordinato e razionale del territorio,
secondo le condizioni di sostenibilità urbanistica stabilite dal
PRG;
h) il contributo straordinario trova riscontro:
- nella normativa sui Piani di lottizzazione, secondo cui gli
interventi urbanistici devono assicurare non solo le
urbanizzazioni ad essi relative ma anche concorrere ad allacci e
connessioni esterne secondo l’entità e le caratteristiche degli
insediamenti;
-nelle normative ministeriali o CIPE in materia di programmi
urbani complessi (programmi di recupero urbano, programmi di
riqualificazione urbana, PRUSST, Patti territoriali) nei quali
parimenti i soggetti privati concorrono al finanziamento delle
opere pubbliche in proporzione al valore economico della
variante urbanistica di cui beneficiano, oltre agli ordinari oneri di
urbanizzazione;
i) il contributo straordinario integra il sistema perequativo, che si
regge sulle due gambe - strettamente complementari - della
perequazione urbanistica e della perequazione finanziaria: da
intendersi, quest’ultima, come diretta anch’essa alla finalitÃ
esclusivamente urbanistica, sia perché evita la discriminazione
tra chi beneficia di incentivi urbanistici senza contropartita e chi
deve cedere al Comune una quota di edificabilità , sia perché il
contributo deve essere obbligatoriamente utilizzato (art. 20,
comma 4, delle N.T.A.) per la realizzazione di opere mancanti
nel contesto in cui ricade l’intervento, al fine di assicurarne la
sostenibilità urbanistica.
M.2 Il Collegio riconosce che il contributo in questione -
nonostante le oscillazioni terminologiche delle N.T.A., che
parlano di “contributo straordinario di urbanizzazione” nella
rubrica dell’art. 20 e nel comma 1, di “intervento tributario”
all’art. 20, comma 4, di “contributo finanziario straordinario”
all’art. 17 comma 2 - non ha natura tributaria.
Esso va infatti accostato, per analogia, all’ordinario contributo
per oneri di urbanizzazione, il quale, secondo la giurisprudenza,
costituisce un corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del
costruttore, connesso al rilascio della concessione edilizia, a
titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di
urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la
nuova costruzione ne ritrae; con l’importante corollario che
consiste nell’esigenza di rispettare, nella determinazione dello
stesso, l'art. 23 della Costituzione, secondo il quale nessuna
prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge (Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2006 n. 2258;
Consiglio di Stato, sez. V, 18 dicembre 2003 n. 8345; Consiglio
di Stato, sez. V, 20 aprile 2009, n. 2359; T.A.R. Campania -
Salerno, sez. II, 5 ottobre 2009, n. 5318). Infatti, in linea
generale, è noto che la sottoposizione a controprestazione
economica di attività svolte da enti pubblici, nell'esercizio di
pubbliche potestà , nel vigente ordinamento è sottoposta al
principio di legalità ai sensi dell'art. 23 cost., applicabile anche a
fattispecie distinte ed ulteriori rispetto alla materia tributaria,
allorquando un qualche aspetto della disciplina del rapporto sia
fissato autoritativamente (T.A.R. Liguria, sez. I, 7 luglio 2004, n.
1076).
In altri termini, la correlazione causale - rilevata dalla difesa del
Comune - tra l’incentivo edilizio e gli obiettivi pubblici,
unitamente alla commisurazione dello stesso al valore
immobiliare e alla sua scomputabilità mediante realizzazione
diretta delle opere, sono effettivamente elementi che conducono
a escludere la natura tributaria o paratributaria e a radicare la
corrispettività del contributo: corrispettività che però va
inquadrata pubblicisticamente, analogamente a quanto accade
con il contributo ordinario, che ha finalità essenzialmente
analoghe; ed anzi a maggior ragione, trattandosi di
un’obbligazione che ad esso si aggiunge (cfr. l’art. 20, comma 3,
e l’art. 13, comma 3, delle N.T.A.).
In altri termini, i profili di convenzionalità insiti nel meccanismo
dei PRINT non bastano a escludere il carattere pubblicistico del
contributo (allo stesso modo che gli oneri di urbanizzazione
determinati in una convenzione di lottizzazione non mutano
solo per questo la propria natura giuridica pubblicistica,
pacificamente riconosciuta in giurisprudenza).
Residua tuttavia il problema decisivo, che è quello di
stabilire in quale misura questa convenzionalità - pur
colorata di profili pubblicistici - consenta di superare il
principio di legalità .
Al riguardo è vero che il Consiglio di Stato ha riconosciuto
che - in linea di principio - in sede convenzionale il privato
può liberamente assumere impegni patrimoniali più
onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge:
impegni, questi, che rientrano nella piena disponibilitÃ
delle parti, posto che la normativa vigente in materia
urbanistica ed edilizia non esclude affatto che le parti
possano, per valutazioni di convenienza, regolare il
rapporto in termini diversi in punto di oneri economici
(Consiglio di Stato, sez. V, 29 settembre 1999, n. 1209; sez.
IV, 28 luglio 2005, n. 4015); e che non è escluso che ciò
possa valere anche qualora alcuni contenuti dell'accordo
vengano proposti dall'Amministrazione in termini non
modificabili dal privato (Consiglio di Stato, sez. IV, 28
luglio 2005, n. 4014).
Ma in questa sede - si badi bene - non si controverte
sull’interpretazione del singolo atto convenzionale, il quale
contenga (per così dire “ex post”) obbligazioni la cui misura vada
oltre quella vigente. Si tratta piuttosto della previsione “ex
ante” di un istituto, il contributo straordinario, che viene “a
priori” quantificato sia nella quota di maggiorazione di
edificabilità che ne costituisce la base (0,06 mq/mq) sia
nell’individuazione della misura minima (cfr. l’art. 20, comma 3,
delle N.T.A.). Non si tratta qui semplicemente di un atto
unilaterale, analogo alle “condizioni generali di contratto”; o alle
clausole contenute, ad esempio, nel D.M. Lavori Pubblici
21.12.1994, sui programmi di riqualificazione urbana, che
attengono a un atto avente valore di bando per l’assegnazione di
finanziamenti; o alle deliberazioni ministeriali che fissano le
modalità per l’assegnazione di contributi in materia di
programmi di recupero urbano). Si tratta piuttosto di un atto a
carattere normativo, e come tale, quindi, non solamente dotato di
una più diretta influenza sulla stessa sostanziale conformazione
della proprietà , ma anche vincolante “ex ante”,in via generale
e astratta, i soggetti dell’ordinamento, e quindi incidente
direttamente e imperativamente sul contenuto del successivo
eventuale accordo delle parti. Sotto questo profilo,
considerando le N.T.A. del Piano come un atto normativo, il
problema del rispetto non solo del principio di legalità , ma della
vera e propria riserva di legge prevista dall’art. 23 della
Costituzione, rimane allora ineludibile (dato che il Comune è
comunque privo di poteri legislativi, anche nel sistema
autonomistico disegnato dalla riforma del Titolo V della
Costituzione).
Ne consegue quindi, in conclusione, la fondatezza della censura
proposta, dovendosi ritenere illegittima la previsione del
contributo straordinario, attesa la carenza della necessaria base
legislativa, non solo a livello statale, ma anche a livello regionale,
non potendosi considerare sufficiente, a tal fine, il riferimento
contenuto nell’art. 18, comma 7, della L.R. n. 21/2009
(esaminata in precedenza), che attiene alla sola materia
dell’edilizia residenziale sociale. Tale profilo, che è assorbente e
decisivo nel campo del diritto pubblico, impedisce di per sé di
prendere in considerazione le pur pregevoli e meditate
giustificazioni di rango sistematico e teleologico fatte valere
dall’Avvocatura comunale in ordine alla coerenza del contributo
straordinario con l’impostazione generale del piano regolatore,
col metodo perequativo e con le finalità di interesse pubblico
perseguite.
N. Dalla ritenuta fondatezza del quarto e del quinto motivo di
ricorso deriva l’accoglimento dello stesso, con il conseguente
annullamento degli atti impugnati “in parte qua”, e in particolare
dei seguenti articoli delle N.T.A.:
- artt. 17, comma 2, lettera b);
- art. 18, commi 2 e 3;
-art. 20;
- art. 53, comma 11.
Ne consegue altresì l’inapplicabilità delle altre norme delle
N.T.A. direttamente ad esse connesse.
O. L’evidente complessità e la parziale novità delle questioni
trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II – bis,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie
nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla gli atti
impugnati, secondo quanto indicato al punto N della
motivazione.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autoritÃ
amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 22
ottobre 2009 e 17 dicembre 2009, con l'intervento dei
Magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Solveig Cogliani, Consigliere
Francesco Arzillo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
Sommario sul PRG
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